Quando il non-lavoro recide una vita

SuicidiUomini che si uccidono perché senza lavoro. I carabinieri e il 118 ne constatano il decesso.

Una notizia asciutta, come le tante sfornate quotidianamente dalle agenzie di stampa, stende il velo definitivo su esistenze lunghe anche più di mezzo secolo.

Vogliamo immaginare le gioie di questi anonimi essere umani, le relazioni con i compagni di classe, le serate con gli amici, il giorno del matrimonio, la nascita di figli spesso testimoni dell’ultimo drammatico atto che sottrae loro per sempre l’amore di un padre.

Vogliamo immortalarli come in uno dei quei vecchi filmini in super 8, capaci di racchiudere anche le gesta di una famiglia comune in un fatato mondo di celluloide dai colori vivaci.

L’uomo muore sempre prima di essere completamente nato, scriveva il grande psicoanalista Erich Fromm. A questi individui sfortunati, la mancanza di lavoro sottrae la possibilità di rinascere e di vivere, anziché di sopravvivere.

Con un atroce atto di disperazione, senza saperlo, questi uomini mettono in atto l’incontestabile sentenza di Lebowitz: le azioni parlano più forte delle parole. Ma per coglierle nella loro profondità, occorre una sensibilità che troppo uomini, specie in politica, hanno purtroppo smarrito.