Cava Fabretti, un luogo magico a Tor Carbone

walkabout-flyerGrazie all’instancabile Carlo Infante, animatore dell’efficace formula dei “walkabout” per la quale non smetteremo mai di ringraziarlo, è stato possibile scoprire in una splendida domenica romana la Cava Fabretti di Tor Carbone, un luogo pieno di ricchezze ambientali e di memorie che riconducono soprattutto all’estrazione di sanpietrini e materiali per via della Conciliazione, piazza del Colosseo, piazza del Popolo, piazza San Pietro, da un terreno caratterizzato dai “postumi” dell’eruzione del Vulcano Laziale dei Colli Albani.

Un luogo davvero magico, limitrofo all’Appia Antica, alla Villa dei Quintili e a quella che fu la tenuta dell’avvocato Montini, fratello di Paolo VI.

“Una full immersion nel genius loci di una cava che rivela l’eruzione di 280mila anni, nella stratigrafia della colata piroclastica che dalla leucite (non propriamente basalto) arriva alla pozzolana, passando per tufo e peperino – precisa lo stesso Infante, fotografando un contesto ambientale di grande suggestione, capace di abbinare un ampio oliveto con spiazzi degni dei più bei teatri naturali, un eucalipto che domina l’area cava con un pavimento ammorbidito da un fitto tappeto di muschio e impreziosito da funghi e nepitella.

Tra i protagonisti della giornata, con le sue dotte argomentazioni, l’antropologo Giorgio Fabretti, discendente di Raffaele che nel secondo Settecento fu protagonista del movimento dell’Arcadia, nato come risposta umanistica e scientifica contro i fasti del Barocco, anticipando l’Illuminismo.

Nel corso della tonificante passeggiata, per fisici e spiriti, veniamo invitati a leggere alcuni passi dell’”Aminta” del Tasso, il testo più amato dai poeti arcadici, a cui fa seguito la voce di Carmelo Bene che da uno smartphone recita il “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” di Leopardi. Provocazioni da dibattito che investe inevitabilmente i fisiocratici, i gesuiti, le distorsioni del capitalismo.

Si parla anche del Grab, il Grande raccordo anulare delle bici, un percorso ciclabile interno alla città, in gran parte già realizzato, che contribuirà certamente ad alimentare la mobilità sostenibile.

Il banchetto finale, intorno ad un forno in mezzo agli olivi, offre la degna chiusura di una giornata in cui è obbligatorio il recupero del rapporto con l’umanità più profonda e raziocinante, con la natura inalterata, con i migliori prodotti della terra tra cui spicca il pecorino sabino stagionato proprio nelle cantine della Cava Faretti, accompagnato a miele sardo e a pane carasau.

CHI E’ STATO RAFFAELE FABRETTI – Il primo ‘sovrintendente’ e studioso dell’Appia Antica fu il magistrato ed erudito Raffaele Fabretti (1618-1700), patrizio della città di Urbino, che, con l’annessione allo Stato Pontificio, lo vide divenire “cittadino romano” e “Principe delle Romane Antichità”, per nomina del Senato Romano, confermata dal Vicario Pontificio ed amico Cardinale Carpegna.

Fabretti fu consigliere culturale di vari pontefici, e fondatore dell’Accademia Reale con la Regina Cristina di Svezia, e successivo ispiratore della “Accademia dell’Arcadia”, alla testa della quale pose il suo allievo e biografo Giovanni Crescimbeni.

Gli eredi di Raffaele Fabretti e di suo nipote Gaspare, Conte Comandante della Cavalleria Pontificia sul Fiume Po, tra cui gli eruditi Marsilio e Giorgio, individuarono nei luoghi che diverranno poi Cava Fabretti, il sito ameno in cui il Raffaele Fabretti sostava per le escursioni di studio con il fido cavallo Marco Polo ed i suoi amici scienziati o poeti, in uno spazio decentrato d’Arcadia, bucolico: dotato di acque e grotte analoghe a quelle dette “della Ninfa Egeria”, nonché di un boschetto e di un teatro naturalistici, simili a quelli del Parrasio al Gianicolo.

Per tale unica collocazione, conformazione e riferimento alla premonitrice ed esoterica classicità virgiliana, il Conte Marsilio (come il Raffaele prese gli Ordini Minori, ma invece si accasò), declamatore della mitologica Arcadia del Sannazzaro (1504) e dell’Orlando Furioso (da cui il nome Marsilio, re di Siviglia) del Ludovico Ariosto (1532), volle creare una “Nuova Arcadia” – nel sito reso ancor più idoneo e pittoresco dalle costruzioni della cava, abbandonata dopo gli sventramenti mussoliniani sui Fori Imperiali.

La “Arcadia Felix” (“fertile”) del Marsilio riproduceva quella del Raffaele, con animali liberi e piante da frutti (uccelli, cavalli, pecore, capre, cani, gatti, ecc., e olivi, uva, fichi, pesche, prugne, nocciole, noci, more, ecc.); e poi passò all’erede Giorgio (vivente) che vi continuò l’avita bucolica Arcadia con la filosofia del Fruttarismo, di cui fu rifondatore scientifico sulle basi della santità cristiana, da San Girolamo a San Francesco d’Assisi a San Francesco di Paola, fino ai moderni Gandhi e Steve Jobs.

Come Custode della “Fondazione Raffaele Fabretti”, Giorgio fu collaboratore di Antonio Cederna e Vittoria Calzolari, e fu curatore dei gruppi di lavoro (Giunta Regionale Lazio, Pres. Landi e segg.) che portarono alla legge istitutiva del Parco dell’Appia Antica. Tale istituzione individuò nell’area di Cava Fabretti, marginale al Parco, la “Porta del Parco”, ovvero un’area di accoglienza, informazione e formazione, conoscenza ed esperienza di antico e tradizione, identitaria di una Campagna Romana, “Nuova Arcadia” mitologica e popolare. Ispirato da Raffaele e Marsilio, dalle Soprintendenze e dal Parco, Giorgio progettò per la Cava Fabretti una destinazione funzionale al “Sistema Parco”, purtroppo interrotta dalle invasioni barbariche di centinaia di extracomunitari, ivi condotti nel 2000 dal Comune di Roma, che occuparono, demolirono e incendiarono numerose cubature, ivi compreso il Palazzo Fabretti, poi in parte faticosamente recuperate.