LIBRI / Il lavoro secondo Claudio Panella

PanellaIl fatto che l’Italia sia fondata sul lavoro – come egregiamente sentenziarono settant’anni fa i padri della repubblica – è ormai una sorta di scherno. Perché al di là dei freddi numeri sfornati dall’Istat che attestano – “pesandolo” in cifre – il dramma della disoccupazione, è soprattutto “la qualità del lavoro”, flessibile, globale e sempre più omologato, che sfugge facilmente alle analisi istituzionali, a fare la differenza rispetto ai sogni e al rimboccarsi le maniche del dopoguerra.

C’è sempre meno lavoro, questa è un’amara realtà che abbiamo ormai assimilato. Garanzie e diritti da tempo hanno imboccato la strada della volatilità. La spinta universale ai profitti è la filosofia dominante che esalta il capitale e penalizza il lavoro. E l’automazione rappresenta la spada di Damocle sul futuro. Siamo davvero messi così male?

Per ottenere qualche indicazione e molte risposte in questo problematico percorso c’è un interessante libro, esplicito sin dal titolo (“A proposito di lavoro”), firmato da Claudio Panella, a lungo sindacalista in Cgil e oggi amministratore di una società che si occupa di politiche del lavoro e di formazione. Il volume, in ben 312 pagine, offre un’approfondita panoramica sulle radici del lavoro, perché – giustamente – per capire il presente occorre conoscere il passato. In particolare il racconto, a volte avvincente perché fortemente umano, corre sui binari del rapporto costante tra manualità e intelletto (condito con un po’ d’anima), proprio quello che oggi sembra essere entrato in crisi. Ecco allora che questo affascinante “lungometraggio testuale” ospita i ragionamenti degli analisti di ogni tempo che hanno impeccabilmente colto le continue trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, dallo sviluppo delle regole monastiche al dinamismo di bottegai e mercanti medievali, dalle lotte per i diritti dei lavoratori fino alla totale affermazione delle società dei consumi.

Un percorso indubbiamente lastricato di “fatica”, spesso dagli effetti disumani, ma anche di creatività, di genio, di modernità. Proprio su questi confini si muove il racconto, cogliendo le tante analogie con i “tempi moderni”. E si parla naturalmente di futuro, con una buona notizia: il lavoro “rischia” di non morire. Insomma, secondo l’autore (che di lavoro se ne intende), gli strumenti delle sfide tecnologiche e di Industria 4.0, per quanto seducenti, non riusciranno a cancellare la centralità, per quanto ricca di imperfezioni, di una risorsa umana equipaggiata con competenze e creatività.

(Gia.Cas)