ANALISI / Il “no” della Raggi nel segno di Antonio Cederna

23/06/2016 Roma, il sindaco di Roma Virginia Raggi depone una corona al Milite Ignoto

Comunque la si pensi sulla diatriba – non proprio priva di interessi – riguardo all’ipotesi della candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020, il “no” di Virginia Raggi va premiato per almeno due motivi: coerenza e responsabilità. Non a caso la sua locuzione “è da irresponsabili dire sì a questa candidatura”, diventata una sorta di tormentone, ben fotografa l’augurio di tanti romani nel non rivedere tristi film di corruzione, di sprechi, di preventivi lievitati che hanno accompagnato gran parte delle cosiddette “grandi opere” legate ad eventi sportivi nella nostra città.

La Raggi è stata coraggiosa a mettere la propria faccia contro la corazzata di Malagò & Company (compreso qualche circolo sul lungotevere?), nonché leale nel rispettare il programma elettorale dei Cinquestelle capitolini, comunque premiati dagli elettori, come ha riconosciuto lo stesso Stefano Fassina, uno degli antagonisti della sindaca alle ultime elezioni comunali.

Probabilmente proprio lo spropositato esercito messo in piedi dai “portatori d’interesse” per queste Olimpiadi, in testa costruttori e quotidiani romani, questi ultimi spesso strumenti in mano ai primi, fa capire quali attese reali si celavano dietro il “sì”. La storia italiana dal dopoguerra ad oggi – e in particolare quella romana – è stata sempre caratterizzata dai “palazzinari”, che hanno lasciato le loro indegne tracce soprattutto nelle periferie e in tante opere pubbliche inutili o incompiute. E’ quanto ha denunciato per tutta la vita uno dei più grandi e combattivi amanti di questa città, Antonio Cederna, divenuto uno dei più lungimiranti urbanisti. Il “no” al “partito del cemento”, espresso dalla Raggi, è cosa rara in questa città: ne sapeva qualcosa lo stesso Cederna con le sue battaglie contro le speculazioni sull’Appia Antica, centinaia di ville che hanno massacrato sistematicamente uno dei più bei parchi archeologici e ambientali al mondo, ma anche per la difesa di Monte Mario (celebre la sua polemica ai tempi della costruzione dell’hotel Hilton), ma anche per l’ubicazione dell’Auditorium, ultimo suo lascito prima di morire. I danni lasciati dai mondiali di calcio “Italia’90” e dai mondiali di nuoto sono della stessa tipologia.

Ebbene, questo “no” riscatta e mostra che c’è ancora un’Italia – per fortuna – libera dalle ipocrisie e dagli interessi di parte.

 

Valerio Mancini