Il convegno sulle pratiche di volontariato nella gestione del verde urbano

MuraLatineNei giorni scorsi s’è svolta un’interessante tavola rotonda, promossa dal Comitato Mura Latine in collaborazione con Carteinregola, sulle pratiche di volontariato nella gestione e nella manutenzione del verde urbano. Peraltro preannunciata anche da “Appioh”.

In premessa è emerso come il lavoro svolto da tanti organismi associativi sulle aree verdi (che a Roma sono una settantina per 500mila metri quadrati) dimostra come il concetto di “sussidiarietà”, sancito dalla Costituzione, sia abbastanza chiaro nella coscienza di molti cittadini. Anche a Roma. E forse, un po’ polemicamente ma comprovato dalle esperienze quotidiane, lo è un po’ di meno nell’amministrazione, che in qualche modo è travolta dall’entusiasmo che proviene “dal basso” e quindi, di conseguenza, ha posto un freno sia con una delibera restrittiva (207/2014) sia con la mancata approvazione del regolamento sulle aree verdi. Così vanno le cose.

Viceversa, il confronto con i Paesi europei e con gli Usa mette in evidenza la pratica comune di adozione di aree con la possibilità di interventi privati. Da noi la situazione è più complicata sia per una diffidenza verso “il privato” in genere sia per l’atavica lentezza delle macchine amministrative pubbliche. Ma c’è anche dell’altro.

Proprio per approfondire queste importanti tematiche, in cui ci sono in gioco anche la salute e il benessere dei cittadini, il confronto sulle problematiche del verde urbano è stato affrontato con il costante riferimento al bene pubblico, alla socialità ma anche ai possibili ritorni economici per l’amministrazione, mettendo nel contempo in risalto tutti gli elementi che hanno portato ad un aumento delle aree in adozione.

Oltre gli interventi previsti già in agenda, hanno partecipato all’incontro il direttore del Dipartimento Tutela Ambiente Antonello Mori e il direttore dell’Ufficio Aree in adozione Giovanni Mercuri, i quali hanno illustrato le difficoltà del dipartimento legate sia al numero dei dipendenti abili al lavoro sia ai pochi mezzi a disposizione per la gestione dei circa 86mila metri quadrati di verde urbano.

In platea anche altri comitati romani che hanno in gestione aree, tra cui cui Ipponio Verde, associazione “AMuse”, comitato “Quelli che il Parco”, il coordinamento dei comitati del Municipio II e “Zappata Romana”, che ha raccontato la sua esperienza sulla rete di orti urbani.

Andrea Palustri della Fondazione Università Tor Vergata e socio del Comitato Mura Latine, ha illustrato il proprio studio sulla gestione delle aree verdi e l’esperienza al Parco delle Mura, interrogandosi su alcuni concetti per strategie a lungo termine.

Le aree verdi urbane sono luoghi intensamente frequentati entro i quali si svolgono attività che contribuiscono al benessere oggettivo e soggettivo delle persone. Episodi di incuria e degrado possono, dunque, ridurre sensibilmente la qualità della vita ed il benessere percepito dai residenti, specialmente in città densamente popolate. D’altra parte, il comportamento delle persone influenza l’efficacia e l’efficienza delle attività di manutenzione del territorio: comportamenti opportunistici fanno lievitare i costi delle attività, mentre lo sviluppo di pratiche di commoning può contribuire a ridurli.

“La regola aurea, dal punto di vista del senso comune, è quella di associare ad una manutenzione efficace delle aree verdi urbane una corretta fruizione delle stesse, ma spesso si osservano situazioni di degrado, incuria ed abbandono che sollevano dubbi sull’effettiva realizzabilità di questo equilibrio – ha sottolineato il relatore. “La questione riguarda più in generale ampie porzioni del territorio, ma le aree verdi sono caratterizzate da una condizione di perifericità, anche solo percepita, rispetto alle aree residenziali o commerciali, che le sottopone ad un maggior rischio di marginalizzazione – ha continuato Palustri.

Come, dunque, facilitare lo sviluppo di pratiche di commoning per migliorare la qualità della vita dei cittadini e ridurre i costi di gestione degli enti preposti alla manutenzione delle aree verdi urbane?

Il lavoro di ricerca racconta l’esperienza dei volontari del Comitato Mura Latine, i quali, in seguito all’atto di adozione sottoscritto dal Comitato con il Municipio VII di Roma Capitale, si sono impegnati a curare il decoro e l’igiene di una porzione del parco lineare integrato delle Mura Aureliane (un’area verde di  quartiere) per un periodo di dodici mesi.

Tale “narrazione” è preceduta da un breve resoconto delle principali esperienze internazionali riguardanti la manutenzione delle aree verdi urbane (una tipologia più ampia delle aree verdi di quartiere, ma spesso simile dal punto di vista gestionale) e da una descrizione delle attività di manutenzione delle stesse poste in essere da Roma Capitale.

Emerge. Ad esempio, che negli Stati Uniti la manutenzione delle aree verdi urbane è finanziata facendo ricorso ad una molteplicità di fonti. “Le donazioni costituiscono la principale alternativa ai finanziamenti degli enti locali e delle amministrazioni federali, anche se spesso gli enti deputati alla gestione delle aree verdi hanno ottenuto fondi imponendo tasse sui servizi di pubblica utilità e sulla proprietà delle stesse” (Nomura, 2011).

Molte amministrazioni americane hanno inoltre provato a ridurre le spese migliorando l’efficienza delle attività di manutenzione, modificandone la destinazione d’uso, o assegnando le attività di manutenzione ad altre istituzioni. In generale, i risultati non sempre sono stati positivi, e, laddove le aree verdi sono state oggetto di episodi di incuria e degrado, le amministrazioni preposte alla loro manutenzione hanno pianificato interventi di recupero che in molti casi hanno coinvolto anche i cittadini.

“La complessità di tali interventi ha aperto una riflessione sull’importanza di sviluppare strategie di lungo periodo, anche al fine di orientare l’azione della società civile verso obiettivi rilevanti, sia dal punto di vista gestionale, sia dal punto di vista del decoro e dell’igiene delle aree interessate” (Nomura, 2011).

Anche in Europa le aree verdi urbane spesso perdono di qualità rispetto al progetto originario, in quanto la mancanza di fondi pubblici costringe le amministrazioni locali a ridurre o sospendere le attività di manutenzione.

Inoltre, come ha recentemente sottolineato Judith Schicklinski, “quando la gestione delle aree verdi è assegnata a privati, non di rado si prediligono le offerte più economiche, a discapito della qualità dei servizi erogati”.

D’altra parte, sono molte le forme di coordinamento attivate tra gli enti di gestione delle aree verdi e la società civile, ma la partecipazione dei cittadini è maggiore nel Nord Europa che nel resto del territorio europeo ed il grado di partecipazione accordato dalle istituzioni è fortemente eterogeneo.

Infine, accanto alle iniziative di partecipazione, si sviluppano a volte processi di auto-organizzazione guidati da gruppi di cittadini, come forma di protesta contro interventi di edilizia intensiva o contro lo sviluppo di infrastrutture che riducono la   fruibilità e la disponibilità di aree verdi, come ha ancora evidenziato lo stesso Schicklinski.

L’ingegnere ambientale Francesco Sicilia ha incentrato il suo intervento sul contributo al decoro urbano e alla sostenibilità ambientale rappresentato dalla riqualificazione delle aree verdi.

Traffico, rumore, espansione urbanistica incontrollata, degrado, produzione di rifiuti, deterioramento delle aree verdi rappresentano, infatti, alcuni dei principali fattori che impattano sulla qualità della vita e sulle performance economiche delle città.

“Migliorare la qualità della vita nelle città è una delle sfide del nuovo millennio e la riqualificazione delle aree verdi rappresenta senza dubbio un elemento a supporto di tale processo – ha ribadito Sicilia. “Gestire adeguatamente le aree verdi comporta benefici derivanti sia dalla loro funzione ‘classica’ (attività ludico-ricreative) che da quella ambientale (miglioramento della qualità dell’aria, aumento biodiversità, contributo alla rigenerazione idrica e altri fattori, fono assorbimento etc.)”.

L’ingegnere ha poi richiamato ritorni di tipo economico connessi alla riduzione del degrado e alla conseguente rivalutazione del territorio e degli immobili, all’incremento del turismo soprattutto in presenza di aree verdi contenenti siti di pregio, allo sviluppo di attività educative e alla diminuzione dei costi del sistema sanitario derivanti dall’aumento del benessere e della qualità vita per il miglioramento del microclima della città.

“Occorre contestualmente ridurre i costi derivanti dagli atti vandalici e dai fenomeni di degrado prevenendoli con sistemi adeguati di monitoraggio e con l’applicazione effettiva e certa di sanzioni – ha detto Sicilia. “E’ fondamentale pertanto avere approccio più completo alla gestione delle aree verdi urbane anche in linea con quanto espresso nella teoria degli ‘Ecosystem Services’ e in ricerche successive (‘Millennium Ecosystem Assessment’).

L’ingegnere ha richiamato la definizione che Robert Costanza dà degli ‘Ecosystem Services’: “Ecosystem services consist of flow of materials, energy, and information from natural capital stocks which combine with manufactured and human capital services to produce human welfare”; flusso di materia, energia e informazioni forniti gratuitamente dagli ecosistemi naturali all’uomo e che determinano benessere. Un ulteriore esempio di economia circolare: investire adeguatamente nella gestione delle aree verdi con approccio più completo comporta un ritorno di benefici ambientali, sociali ed economici.  Purtroppo tali ‘servizi ecosistemici’ non sono ancora adeguatamente quantificati come avviene per quelli economici e industriali. Occorre pertanto superare il concetto di verde urbano come mero “standard urbanistico” attribuendogli invece il giusto valore e assegnandogli un ruolo strategico nelle politiche di sviluppo sostenibile delle città. Per fare ciò occorre rivedere, in linea con tali considerazioni, gli attuali strumenti di pianificazione urbanistica come sta già avvenendo in diverse capitali europee”.

Infine Paola Loche di Carteinregola s’è soffermata sulle forme e di tutela e di gestione del verde urbano a Roma.

Ha ricordato che il sistema ambientale di Roma occupa 86mila ettari, poco più del 67 per cento della superficie dell’intero territorio comunale. E’ un patrimonio immenso di vegetazione naturale, seminaturale e di impianto artificiale rappresentato dalle aree naturali protette, dal verde urbano, dalle aree golenali e dalle aree agricole.

Nel cosiddetto verde urbano  sono inclusi lembi residui di superfici agricole, spazi naturali, incolti, alberate, viali, giardini e parchi di ville, ville comunali, orti, aree ripariali, boschetti, aree boscate di superficie spesso limitata e frammentata, fasce di rispetto stradali e ferroviarie, sponde di corsi d’acqua, incolti e così via. Tali superfici comprendono spazi aperti a componente naturale di grado più o meno elevato e rappresentano una vera e propria risorsa multifunzionale per la città e per i suoi abitanti.

La dottoressa ha ricordato che all’interno del Grande Raccordo Anulare sono presenti numerosi habitat naturali, che determinano, per la città, una grande ricchezza floristica e vegetazionale, nonostante le difficili condizioni di vita dovute a numerosi  fattori limitanti, quali: clima cittadino più caldo e secco rispetto alla campagna circostante; abbassamento della falda idrica; alterazione dei suoli originari per la realizzazione dei fabbricati;  inquinamento di aria, acqua, suolo e grande produzione di rifiuti solidi.

Gli habitat presenti, sebbene diffusi in tutta l’area urbana, si distribuiscono lungo un asse preferenziale, un corridoio ecologico, in direzione Sudest-Nordovest, che dal parco dell’Appia Antica prosegue con le aree archeologiche del centro e culmina con i lembi di boschi di Valle dell’Inferno e dell’Insugherata. Lo spessore di tale asse si riduce procedendo dal G.R.A. verso il centro della città, dando luogo a due cunei verdi con l’apice rivolto verso il centro.

La presenza di lembi residui di boschi, sopravvissuti alla espansione edilizia per motivi storici e morfologici, valorizza e caratterizza la città dal punto di vista vegetazionale.

Le entità vegetali censite nell’area urbana sono circa 1.300 e costituiscono più di un quinto della flora nazionale. L’elevato numero di specie è strettamente correlato ai numerosi habitat presenti nella città.

Entrando nello specifico delle forme di tutela e di gestione, la dottoressa Loche ha evidenziato come le disposizioni applicabili alla tutela e gestione del verde urbano, in genere, sono definite dalle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali o dagli altri strumenti urbanistici attuativi del piano regolatore, nonché dai regolamenti edilizi. Gli aspetti relativi alla realizzazione e manutenzione del verde sono, peraltro, soltanto incidentalmente affrontati. Mancano sempre le norme di carattere botanico-agronomico-forestale, le regole per l’elaborazione progettuale degli interventi e le disposizioni per la tutela del patrimonio verde esistente in occasione degli interventi di ristrutturazioni, demolizioni, scavi, nuove urbanizzazioni, realizzazioni di aree verdi e relative manutenzioni.

“Il verde urbano ha assunto, nel corso dei secoli, una valenza qualitativamente e quantitativamente diversa, ma è sempre rimasto elemento importantissimo nelle strategie di sviluppo urbano di piccole e grandi città: a partire dagli orti di sostentamento entro le mura di cinta, passando per gli spazi verdi ornamentali privati tipici dei parchi e giardini, fino al verde pubblico con funzione architettonica, estetica, sociale e di miglioramento ambientale – ha detto la Loche. Spiegando inoltre che “nel nostro Paese lo sviluppo delle aree urbane non è sempre stato organico e rispettoso di quelli che oggi sono definiti “standard della qualità della vita” e scarsa è stata l’attenzione nei confronti del verde dal punto di vista quantitativo oltre che qualitativo. L’approccio funzionalistico ha acquistato sempre più importanza rispetto all’approccio estetico nella definizione del ruolo che il verde deve assumere nel disegno dell’ambiente urbano. In molti casi, il rispetto dello standard è stato garantito destinando a verde pubblico le aree più periferiche e meno appetibili. Sia il verde urbano che quello periurbano sono stati spesso utilizzati come spazi in attesa di edificazione, senza l’attribuzione di valori propri; il verde non può più essere concepito come il non costruito, perché considerato “aspetto residuale” della progettazione urbana”.

La casualità degli interventi sul verde può essere superata, secondo la relatrice, solo con l’adozione di atti e norme specifiche, che consentano di promuovere il coordinamento unitario dell’azione amministrativa nei vari settori della gestione del verde.

Per migliorare le condizioni del verde urbano, l’amministrazione dovrebbe assumere una serie di iniziative organiche e strumenti con valenza urbanistica assimilabili alla redazione di un Piano per il Verde urbano.

Il piano del verde è uno strumento di pianificazione integrativo al PRG, che consente di determinare un programma organico di interventi per quanto concerne lo sviluppo quantitativo e qualitativo del Verde Urbano, oltre che la sua manutenzione e gestione, in relazione agli obiettivi e alle esigenze specifiche dell’area urbana.

Negli indirizzi generali di pianificazione, secondo la Loche, devono essere previsti:

  • la progettazione e valorizzazione delle aree verdi e di pertinenza;
  • la progettazione delle opere a verde come parte integrante del progetto edilizio;
  • l’uso della vegetazione ai fini del risparmio energetico e della riduzione degli effetti negativi del clima (riduzione dell’effetto isola di calore negli spazi urbani) e dell’inquinamento atmosferico ed acustico (orientamento, barriere verdi, raffrescamento, ombreggiamento, ecc..).

Devono essere perseguiti:

  • la conservazione e valorizzazione di vegetazione di pregio, architetture verdi, ecc.;
  • l’utilizzo di specie autoctone idonee alle condizioni pedoclimatiche locali;
  • la protezione della vegetazione e in particolare degli alberi e dell’apparato radicale;
  • la permeabilità del terreno all’acqua e all’ossigeno;
  • un sistema di irrigazione idoneo;
  • la manutenzione post-impianto;
  • la protezione degli alberi presenti in cantiere, computando eventuali oneri per eventuale sostituzione delle piante danneggiate.

Nel Piano del Verde devono essere compresi i seguenti elementi fondamentali:

  • il censimento del patrimonio verde, organizzato in un sistema informativo;
  • il Piano di gestione;
  • il Piano di riqualificazione;
  • il Piano per le nuove realizzazioni;
  • il Regolamento del verde che norma sotto il profilo tecnico e procedurale la gestione del verde pubblico e privato.

Una strategia di manutenzione e gestione del verde urbano e periurbano non deve essere priva del processo di partecipazione da parte della cittadinanza sulle politiche perseguite; su questo aspetto è necessario fare grandi investimenti. L’assunzione di precise responsabilità da parte dei diversi organi decisionali pubblici (Stato, Regione, Città metropolitana e Municipi) è determinante e improrogabile per potere finalmente conseguire una politica seria per il verde urbano.

L’interessante iniziativa promossa dal Comitato Mura Latine dimostra come certe tematiche urbanistiche, che investono anche aspetti sociali, economici ed etici, non possono essere affidate ai capricci estemporanei di qualche amministratore, quasi sempre mosso più da interessi personali che non dall’obiettivo del beneficio pubblico. La gestione del verde affidata ad organismi qualificati, ad esempio comitati di quartiere legalmente costituiti e realmente rappresentativi di una realtà territoriale, acquisisce ovviamente un valore aggiunto da una pratica frutto di un processo partecipativo molto allargato e con un valore identitario territoriale particolarmente forte.