PROFILI / La “pasionaria” Lorenzin, tra vaccini e margherite

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Beatrice Lorenzin

E’ una delle poche donne alla guida di un partito, insieme a Giorgia Meloni e ad Emma Bonino. Con il suo nome in stampatello ben visibile sul simbolo. Ha un dna e lunga formazione (ed esperienza) politica nel centrodestra, dove ha ricoperto ruoli di primo piano, ma oggi è saldamente inserita nella coalizione di centrosinistra, a cui ha legato il suo prossimo (e arduo) destino, una chance di sopravvivenza politica.

Beatrice Lorenzin, 46 anni, romana cresciuta ad Ostia, origini istriane – palesate dal cognome – e toscane (la mamma), diploma di maturità classica nel curriculum, è la leader di Civica popolare, il partito “personale” fondato dal ministro della Salute. La denominazione della formazione politica non è proprio il massimo per i neuroni della memoria, anche con quei richiami montiani, ma nel puzzle eterno dei raggruppamenti centristi punta più sull’effetto arcipelago che isola dimenticata.

La vera notizia è che la squadra della Lorenzin correrà con il Pd nei collegi uninominali. Anche se finora i contenuti politici sono stati semi-offuscati dalla scelta del simbolo: sarebbe dovuto essere una “nostalgica” margherita, ma per evitare problemi di plagio è diventato un “bel fiore petaloso”, come l’ha definito la primadonna, con richiami alla monumentale Treccani. In periodi di “Spelacchio” superstar, la botanica ha partorito un ibrido tra una peonia e una margherita di colore giallo su fondo fucsia, sembra disegnato dal figlio di un’amica della stessa Lorenzin. Eh, la famiglia. Qualcuno l’ha paragonato al logo della trasmissione “La prova del cuoco”. Altri, davvero impietosi, alla Coppa Oro Sammontana. Certo, anche uno degli slogan non brilla per riconoscimenti tra i guru del marketing: “Vogliamo introdurre un nuovo farmaco: l’ascolto”. Roba da Amplifon.

La “pasionaria del litorale”, incurante delle critiche, è fiera della variegata umanità che la sostiene, di cui è sempre difficile aggiornare il curriculum politico: gli alfaniani di Alternativa Popolare, quelli che non sono voluti tornare nelle braccia di Silvio Berlusconi, alcuni esponenti fuoriusciti dall’Udc e rimasti fedeli a Pierferdinando Casini (“Centristi per l’Europa”), come il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e l’ex titolare della Funzione pubblica Gianpiero D’Alia (con la sua “Democrazia solidale” insieme ad Andrea Olivero). I rappresentanti di ciò che resta dell’Italia dei Valori guidati dal segretario Ignazio Messina. Persino ex grillini, come Francesco Molinari e Maurizio Romani. Giuseppe De Mita, nipote dell’eterno Ciriaco, rappresenta “L’Italia è Popolare”. Nella cordata anche Fabrizio Cicchitto. E per non farsi mancare nulla, anche “Unione per il Trentino”, inserita tra i cinque simboli che campeggiano all’ombra del fiore. Una cordata di straordinarie risorse umane, tutte impegnate nella difficile sfida di superare lo sbarramento al tre per cento. Oggi i sondaggi danno Civica popolare a circa mezzo punto sotto.

“Questa non è una lista elettorale, ma una forza politica – ripete la ministra della Salute, succeduta al giurista Balduzzi e confermata nel suo ruolo al dicastero sia con Letta, sia con Renzi, sia con Gentiloni. Poi, con schiettezza: “Inutile girarci attorno: il futuro di molti presenti dipenderà da quanti collegi sicuri il centrosinistra potrà garantire all’uninominale – ha detto nel teatrale Tempio di Adriano, dove è stato presentato il simbolo della sua lista.

Resta la questione dei contenuti politici. Se tra le due principali formazioni a sinistra non si riesce a trovare la quadra e i tre leader del centrodestra non riescono a mettersi d’accordo su pensioni e vaccini, può questo raduno di generali mostrare concordia e vincere la battaglia?

Di certo la scelta di Beatrice Lorenzin è efficace per gli obiettivi. Cinque anni ai vertici di un ministero strategico come quello della Salute hanno assicurato un’invidiabile visibilità ai suoi intenti e alle sue azioni. Proprio sul tema dell’obbligatorietà dei vaccini, uno dei nuovi cavalli di battaglia della Lega, la ministra ha ricevuto un ghiotto assist. Il suo Twitt di replica ha fatto il giro della redazioni: “L’Italia va vaccinata dagli incompetenti”.

Ma se Civica popolare potrà assicurare un prezioso sacchetto di voti al centrosinistra, dopo le elezioni potrebbe creare più di qualche imbarazzo. Non soltanto perché molti esponenti del gruppo hanno curricula ricchi principalmente di cambi di casacche. La stessa Lorenzin ha iniziato con l’elezione nel XIII Municipio avvenuta nell’ormai lontano 1997 con Forza Italia, di cui è stata poi coordinatrice dei giovani nel Lazio (1999), consigliere comunale a Roma (dal 2001), capo della segreteria tecnica del sottosegretario Paolo Bonaiuti (dal 2004 al 2006) nel governo Berlusconi III, rivestendo anche il ruolo di coordinatore regionale di Forza Italia per il Lazio (2005), fino a diventare deputata con il Pdl nel 2008, riconfermata nel 2013 (non ce l’ha fatta nel 2014 per il Parlamento europeo e alle ultime comunali a Roma la lista civica della Lorenzin, che appoggiava Alfio Marchini, ha preso uno scarso 1,29 per cento).

Il vero nodo è la conciliabilità delle posizioni della leader di Civica popolare con il centrosinistra, eventualmente con la sinistra “muscolosa” di Grasso e della Boldrini.

Soltanto nei giorni scorsi la Lorenzin, in un’intervista al quotidiano cattolico Avvenire, ha ribadito che “la famiglia sta al primo punto, anche con larghe intese”, rilanciando che “qualsiasi sarà il prossimo governo, e anche se dovessero rendersi necessarie le larghe intese, non c’è dubbio alcuno che l’intervento sulla natalità sarà la priorità assoluta della nuova legislatura, la prima misura in agenda”.

Del resto, poco più di un anno fa, la Lorenzin affiancò il suo nome alla campagna del “Fertility day”, caratterizzata da una clessidra che ricordava alle donne che il loro tempo per diventare madri stesse per scadere. E sul biotestamento s’è sempre battuta per garantire l’obiezione di coscienza, mentre non ha nascosto la sua netta contrarietà alla legalizzazione delle droghe leggere che, a suo avviso, porterebbe danni estremi per la salute dei cittadini. Contrarietà confermata per l’estensione del diritto al matrimonio in favore delle coppie dello stesso sesso, alla possibilità di adottare dei figli o avere accesso alle pratiche di fecondazione assistita.

Insomma, alle difficoltà sui numeri per maggioranze post-elettorali si sommeranno quelle per “accomodare” posizioni non certo concilianti.

(Domenico Mamone, presidente Unsic)