Via Monza, addio al grande albero

AlberoAncora un albero in meno. Uno storico e imponente albero. Era uno degli ultimi rimasti in via Monza. Quasi davanti alla Chiesa dell’Immacolata. Erano le stesse suore a sollecitarne la potatura, telefonando agli uffici preposti. Una volta fecero rimuovere persino un nido di vespe.

Rivedendo le vecchie foto della strada, tra via Taranto e via La Spezia, la troviamo rigogliosa di alberi. E viene il magone. E’ una città che non c’è più. Il degrado crescente è testimoniato anche da questo punto di vista, dal verde pubblico sofferente, dall’arredo urbano latitante, da una città totalmente preda della sporcizia, non solo quella generata dai cassonetti. E della maleducazione, della rassegnazione. Oggi via Monza, quasi nomen omen, è solo un’importante arteria del traffico proveniente dalla tangenziale. I negozi vivacchiano. La Asl pure. Punto.

L’albero scomparso da ieri, di cui resta la base del fusto per il solito rito di far seccare le radici, era uno dei più “autorevoli” dei pochi rimasti in zona. Garantiva riparo dal sole estivo ai cittadini alle prese con l’estenuante attesa alla fermata dei bus 16, 81 e 649. Prossimamente, di certo, lascerà il posto a qualche cartello pubblicitario abusivo. La strada ne è piena. E quelli nessuno li rimuove. Oppure, con la prossima asfaltatura – ma mai frequenti – ne verranno sepolte anche le tracce e il ricordo.

La svolta tanto agognata nella gestione della città, ahinoi, non c’è stata. Non è questione di colori, ma di mentalità, di passione, di buoni propositi. La discontinuità è stato soltanto uno slogan. Della presidente Lozzi, from Morena, in zona non ne abbiamo traccia. Il comprensorio intorno a piazza dei Re di Roma continua a vivere in un degrado crescente. Quasi ineludibile. L’apertura della stazione della metropolitana C a San Giovanni, con anni di ritardo, sarà presto salutata con gioia da amministratori e da tanti pendolari di altri quartieri, mentre largo Brindisi, da poco riaperta perlomeno alla visione della cittadinanza, mostra tutte le sue ferite a chi ci abita e a chi ci passa: zero verde (nostalgia del giardino con i pini e le panchine) e orribili sfiatatoi a iosa. I soldi, per i soliti noti, girano. Ma le oscenità, per la città, restano. Eccome se restano.

 

(Gi.Ca.)