Un libro con 15 racconti: il fil-rouge è il quartiere San Giovanni

A proposito del suo attuale quartiere di residenza, scrive Sandro Bonvissuto, l’autore dell’intrigante e fortunato libro sulla sua fede romanista “La gioia fa parecchio rumore” (Einaudi): “A San Giovanni c’è l’obelisco monolitico più alto del mondo, la chiesa cattedrale più antica del mondo, il luogo sacro più sacro del mondo: è il Sancta Sanctorum a San Lorenzo in Palatio, proprio dove c’è la Scala Santa. Se la zona di San Giovanni si trovasse altrove, in qualunque altro Stato del mondo, sarebbe la capitale di quel Paese per manifesta grandezza”.

Ha ragione da vendere lo scrittore cinquantenne, laureato in filosofia e di professione cameriere in una trattoria del Trionfale, che ha scelto San Giovanni come luogo di residenza dopo aver abitato a Cinecittà e al Portuense. Sì, perché l’antico quartiere di San Giovanni, dai confini indefiniti e forse un po’ universali, che lascia tracce indelebili in ogni cuore, “è tanta robba”, come trova conferma il lettore di questo viaggio letterario (“A Roma San Giovanni”, 132 pagine, Edizioni della Sera, 12 euro) in uno dei quartieri-simbolo di Roma, considerato ormai centro storico senza tutti gli oneri e le responsabilità di una residenza nel cuore della Capitale. Benché gli attuali amministratori siano riusciti a vandalizzarlo con una mobilità da paranoia.

Quindici autori dalle penne vivaci, spesso provenienti da esperienze comuni, si confrontano sul tema territoriale attraverso altrettanti brevi racconti. A questi si aggiunge la prefazione di Andrea Carraro, docente presso la scuola di scrittura Genius, il quale ricorda i “viaggi” domenicali da viale Eritrea, a bordo di una Fiat 1100, per andare a trovare nonna Luisa a via Urbino, zona San Giovanni appunto: la provetta cuoca era specializzata nella preparazione delle “ciumache”, le lumache che ancora troneggiano il 24 giugno in qualche tavola di zona, fedele alla tradizione.

Ognuno dei quindici brevi racconti evoca un tassello del ricco mosaico di questo quartiere dalle risorse infinite.

Ecco allora Mario Abbati, che ricorda efficacemente il dancing Zanussi di via Cerveteri, a pochi passi da piazza Tuscolo. Il veneto Andrea Bocchia, utilizzando l’allegoria, ricostruisce la storia di un travagliato amore che ha per impossibile scenografia una passeggiata in via Appia Nuova, con quell’impareggiabile scorcio della vetrata del Coin “con tutto quello che riflette”. Massimiliano Ciarrocca riesuma il cinema Maestoso attraverso le vicende di un ubriaco, Vinz. E Daniela Cicchetta ambienta il suo furto di una reliquia (con pentimento) nella basilica di San Giovanni.

L’agglomerato urbano di San Giovanni, insomma, suddiviso più che reso coeso dall’onnipresente basilica con le sue statue “severe”, come scrive Rinaldi (è più San Giovanni la popolare piazza dei Re di Roma o via Merulana, “contaminata” dall’Esquilino?), offre materiale infinito e di pregevoli fattezze. Lo hanno ben saputo cogliere Manuela D’Aguanno, che “fotografa” in maniera eccelsa il mercato di via Sannio (tra i migliori racconti), e Joanna Di Michele, che affresca lo spaccato di una famiglia e di un lutto proprio di fronte alla basilica di San Giovanni.

Il racconto di Flavia Ganzenua sulla condizione di sudditanza femminile all’interno di una famiglia tradizionale è quello più estraneo al contesto territoriale, insieme a quello di Lucia Pappalardo su un multimarket di zona, quindi anche, secondo chi scrive, tra i meno avvincenti. Al contrario di Bianca Giovannini, che riesuma in modo puntuale e accattivante una vicenda di cronaca del 1951, un leone dileguatosi da un circo posizionatosi nell’area oggi occupata dall’asilo di via Taranto: la Giovannini restituisce con efficacia luoghi appartenenti a ricordi ormai lontani, operazione particolarmente utile in un libro del genere.

A chiudere, Giovanni Lucchese ambienta il suo amore gay nel caos del concertone del Primo Maggio, in effetti l’avvenimento più visibile ma anche più estraneo e mal sopportato dal quartiere per le sue tangibili conseguenze in termini di disservizi e danni, piazza politica utilizzata anche da Marco Rinaldi nel suo racconto. Daniela Matronola propone nuovamente la basilica. Bravo Marco Proietti Mancini a offrirci una pasoliniana via Sannio con il personaggio di Cotichella. Paolo Restuccia sceglie il tema familiare. Paolo Romano colloca il suo racconto in via Tracia.

Si legge nella presentazione: “San Giovanni, a ridosso delle Mura Latine, è la periferia del centro o, se volete, il centro della periferia. Tra palazzoni anni Sessanta e villini di inizio secolo puoi portare a spasso il cane sulle tracce di tua madre, perderti nel mercato di via Sannio, sdraiarti su un prato al centro di una piazza, sentire il suono della campana della più antica basilica d’Occidente. A San Giovanni tutto è possibile! Una testimonianza appassionata tra le strade, i ricordi e le emozioni di chi è legato al grande cuore di Roma”. Sottoscriviamo.