Trony: tre arresti per bancarotta

tronyAvrebbero sottratto oltre nove milioni di euro dal patrimonio del Gruppo Edom, titolare dei negozi Trony di Roma, causandone il fallimento. Per questo l’imprenditore Alessandro Febbraretti, 51 anni, dominus del marchio nella Capitale, e il commercialista F.D., 50 anni, sono finiti in carcere con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Lo stesso reato è contestato alla 46enne collaboratrice del professionista, ai domiciliari, e a un altro commercialista, L.M., 51 anni, indagato.
Cento milioni di debiti
Secondo il Nucleo valutario, la mente finanziaria del gruppo era F.D.: già emerso in Mafia Capitale per gli stretti legami con i principali indagati di quell’inchiesta, il faccendiere per i suoi presunti complici era il «cigno», appellativo che le Fiamme gialle hanno dato all’operazione sfociata oggi nelle misure cautelari. Le indagini hanno ricostruito che il dissesto della Edom è stato provocato dai cento milioni di debiti accumulati nei confronti dell’Erario, frutto di un’enorme evasione fiscale per la quale Febbraretti, già arrestato nel dicembre 2013, è stato condannato in primo grado a tre anni e dieci mesi di reclusione (oltre al sequestro di immobili per più di nove milioni). A causa dello stato di insolvenza la società prima è stata ammessa al concordato preventivo, ma poi a febbraio è stata dichiarata fallita: otto i megastore chiusi (Vigna Stelluti, via Tiburtina, Romanina, via Appia, Bufalotta, Cinecittà 2, Ponte Milvio e via dell’Oceano Pacifico) e 180 i dipendenti lasciati a casa.
Il denaro a San Marino
Le Fiamme gialle hanno scoperto che i tre indagati, anche dopo essersi spogliati delle cariche societarie, hanno continuato a programmare e attuare le strategie economico-finanziarie dell’azienda in completa autonomia rispetto agli amministratori formalmente nominati. Le casse dell’azienda, secondo il Nucleo valutario, sono state svuotate «attraverso sistematici, ripetuti e ingenti prelievi di denaro contante dai conti societari (circa sette milioni in quattro anni)» e «mediante l’alterazione della contabilità», realizzata con «la cancellazione di interi blocchi di registrazioni, l’occultamento dei corrispettivi, la contabilizzazione di costi fittizi e l’annotazione di giroconti e storni risultati privi di qualsiasi giustificazione economica». Nel complesso, grazie a queste operazioni e ai trasferimenti di denaro a società di San Marino riconducibili agli indagati, sono spariti dal patrimonio della Edom circa 9,5 milioni.