Storia di come avrebbe voluto essere un Pino…

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Riportiamo volentieri un dettagliato articolo di Giovanni Morelli sulla bellezza e l’importanza di questo albero,  simbolo della nostra Capitale. La motosega, mezzo applicato troppo spesso e talvolta in modo sbagliato (via Appia ne è un fulgido esempio), dovrebbe essere utilizzata solamente nei casi estremi.

 COME AVREBBE POTUTO (VOLUTO) ESSERE IL PINO

Gli alberi che “svettano” nelle città – soprattutto in quelle italiane – sono spesso ormai talmente lontani da quella che dovrebbe essere la loro naturale architettura (e dalla loro fisiologia, ovviamente) da risultare quasi irriconoscibili.
Molto spesso, addirittura, i profani riconoscono come familiari e, quindi, in qualche modo come rassicuranti, solo le sagome di alberi mutilati, costretti o variamente seviziati.
Anche da qui, almeno in parte, derivano i mille luoghi comuni legati alla convinzione che gli alberi “devono” essere potati, pena la perdita del “decoro” urbano ed il repentaglio della tanto sbandierata “pubblica incolumità” …

Seguendo questi pensieri, oggi mi sono divertito a “ricostruire” la chioma di un povero pino domestico la cui triste fotografia è stata postata da Massimo Livadiotti sulla pagina di “Respiro Verde – Legalberi”, che ringrazio del “suggerimento”.
Con i Pini, che sono un po’ la mia passione, è facile, così fedeli alle loro consegne morfofisiologiche, pur se disposti a lottare contro le insidie umane fino alla cocciutaggine.

Riporto di seguito il commento originale alla foto ed alla mia successiva rielaborazione:
“Mi sono divertito a giocare un po’ con la foto, tanto lo faccio per lavoro dalla mattina alla sera … 😉 .
L’architettura del Pino domestico è molto rigida ed è dunque facile supporre come sarebbe stato senza interferenze umane (soprattutto) ed ambientali. La chioma che costituisce i grandi “ombrelli” di questa specie è sempre suddivisa in tre regioni (corrispondenti a tre palchi di tronchi reiterati principali): la regione basale (A nell’immagine), quella sub-apicale (B nell’immagine) e quella apicale (C nell’immagine). Le tre regioni concorrono al “funzionamento” aerodinamico della massa rameale e, ovviamente, al benessere biologico e metabolico del Pino.
Le mutilazioni eseguite, come si può vedere dall’impietoso confronto tra la mia elaborazione e la foto, hanno completamente “scardinato” la chioma. Le conseguenze sono facilmente immaginabili.
Si sa, sono informazioni note (o dovrebbero esserlo a chi gira con una motosega in mano …! Chi agisce, come in questo caso, ignorandole, tradisce solo incompetenza …
P.S. La chioma indisturbata sarebbe stata assai più espansa di quanto non l’abbia disegnata io …”

Non c’è molto altro da aggiungere.
I Pini, ed il domestico non fa in questo eccezione, sono specie pioniere e ruderali, “progettate” e “collaudate” attraverso milioni di anni di evoluzione per sopravvivere in luoghi dove altri alberi non sanno avventurarsi e per resistere a prove durissime.
Non sono fragili, tutt’altro.
Quando ci troviamo al cospetto di un pino caduto, dunque, proviamo rispetto. Rispetto e, soprattutto, stupore per quanto è stato in grado di resistere, nonostante noi!

Giovanni Morelli