Roma, Laterano: un giubileo senza musei

san-giovanni-romaEra il fiore all’occhiello del Palazzo del Laterano. Ed oggi, purtroppo, ha chiuso definitivamente i battenti, proprio accanto alla Porta Santa. I custodi affermano che c’erano pochi visitatori, quindi non rendeva. In effetti era poco pubblicizzato. Eppure rappresentava un importante pezzo di storia, ospitando, ad esempio, scrivania e materiali legati alla firma dei Patti Lateranensi tra Mussolini e il cardinale Gasparri nel 1929, nonché – andando indietro nel tempo – numerosi arazzi di scuola francese (Gobelins del Settecento, in parte donati da Napoleone I a Pio VII), arazzi romani (manifattura pontificia del San Michele), mobili (XVI-XIX secolo), armi (XVI-XVII secolo) e sculture lignee (XIII-XV secolo). Straordinari gli ambienti, dai soffitti altissimi e dai grandi volumi, ma anche l’affaccio sulla piazza e sul retro. Fondato nel 1973 e trasferito nel 1987 nell’appartamento papale al primo piano del Palazzo del Laterano, il Museo Vaticano in Laterano era costituito da dieci sale affrescate in epoca manierista, tra cui notevole il salone detto della Conciliazione decorato con vedute e allegorie relative al pontificato di Sisto V.

Terminata la visita dei saloni, un corridoio immetteva nelle collezioni che comprendevano una raccolta di ritratti dei Papi dal Cinquecento ad oggi, una documentazione del cerimoniale pontificio non più in uso e cimeli dei Corpi militari pontifici del XVI-XVII secolo.

Ora parte di quel materiale è finito nei Musei vaticani in Vaticano. Impoverendo ulteriormente la basilica di San Giovanni, nonostante sia sede del “Vescovo di Roma”. Una beffa, tanto più in un anno giubilare.

Ma la beffa è doppia se si pensa che anche il cosiddetto “Tesoro laterano” è chiuso. E qui inspiegabilmente, dal momento è che da almeno un anno che se ne annuncia la risistemazione e l’apertura (si era parlato del 13 dicembre 2015). E invece, all’interno dell’area dove si vendono gadget (attiva), la porta a vetri del museo reca un cartello scritto a mano con la parola “chiuso”. E la giovane suora addetta al merchandising religioso conferma che l’esposizione del “tesoro” non è visitabile.

Eppure Sandro Barbagallo, curatore delle Collezioni storiche dei Musei Vaticani, a dicembre scorso, con l’apertura del giubileo, aveva sottolineato come l’Anno Santo sia nato proprio nel Laterano nel 1299 e come in questo luogo “sia possibile ricostruire la storia della devozione del clero e del popolo romano”. Una ricostruzione decisamente mentale e poco supportata dalla visione di documenti e testimonianze storiche per i fedeli.

L’Anno Santo, infatti, oltre ad incarnare un’occasione spirituale unica – tanto più in un’edizione straordinaria – potrebbe rappresentare un’opportunità per un percorso nella storia della Chiesa, con il supporto delle infinite testimonianze. Il Museo del tesoro di San Giovanni in Laterano avrebbe potuto offrire tale occasione, tanto più che la sua risistemazione, a quanto si apprende, è stata finanziata da un industriale messicano, don Juan Beckmann. E, non da meno, perché custodisce il piviale di Papa Bonifacio VIII, indossato nell’indizione del Giubileo del 1299-1300, il primo.

Il museo, inoltre, contiene altri pezzi molto pregiati. Ad esempio i numerosi reliquiari, tra cui la Croce lateranense del 1200, quelli donati da Enrico IV di Francia (con un frammento di San Giovanni Battista), il busto reliquiario che conserva la testa di San Zaccaria (padre di San Giovanni Battista), quello con la tunica di (che venne in Laterano per chiedere il riconoscimento della regola francescana), quello di Santa Barbara, il Tempietto della Maddalena, l’ostensorio lateranense del 1830.

Nel museo è inoltre presente l’Arazzo Lateranense, realizzato a Roma intorno al 1620 commissionato dal cardinale Chigi. Rappresenta il Santissimo Salvatore con i Santi Giovanni Battista ed Evangelista, che sovrastano il complesso del Laterano.

Tra gli oggetti liturgici di inestimabile valore conservati nel museo, come ricorda lo stesso Barbagallo in un’intervista, c’è un calice in argento decorato con smalti e rubini, giunto in Laterano nel 1929, all’indomani dei Patti Lateranensi. “Il Papa, Pio XI – spiega Barbagallo – dopo 70 anni, poté uscire per la prima volta dalla Città del Vaticano e recarsi in Laterano per poter celebrare la Messa in ricordo dell’anniversario della sua ordinazione sacerdotale. E in quell’occasione particolare, il Papa volle portare proprio quel calice”.