Qualche considerazione sulla corsa a sindaco

raggi_giachetti1Riteniamo che il livello delle elezioni amministrative romane, checché se ne dica, sia molto basso. In fondo le personalizzazioni hanno annullato ogni straccio di programma. La Raggi, finora la vincitrice della prima battaglia, continua a ripetere di avere un progetto per Roma – rispetto agli altri – ma tranne vaghi accenni al reddito minimo garantito (con quali soldi) altro di rilevante non è emerso. Per i pentastellati è finora affiorato soprattutto il “volto pulito” di questa candidata dell’Appio-Latino, ben in linea con i richiami all’onestà gridati dai grillini.
Anche per Giachetti non si ricorda una promessa, salvo – ma solo nei giorni scorsi – l’adesione alle Olimpiadi. Così emerge principalmente un’idea di continuità con le giunte di centrosinistra, salvo la parentesi Alemanno.
Della stessa Meloni s’è parlato più della gravidanza che non di un’idea di città. E il bel volto di Marchini, tipo Adone, ha offuscato tutto il resto.
Certo, i programmi c’erano, ma quasi “pro forma”. Cioè poco comunicati. E in fondo si somigliavano uno con l’altro, all’insegna degli agognati miglioramenti in ogni campo, dal decoro ai trasporti. Tutto scontato.
A Milano, viceversa, i due candidati trasudano, perlomeno a vista, una notevole competenza professionale. E vantano curricula di tutto rispetto. Tant’è che qualcuno ha giustamente rilevato una certa somiglianza tra loro, confermata – in un certo senso – anche dal primo risultato elettorale. Questa competenza a Roma è difficile da individuare in candidati o troppo giovani o cresciuti nei Palazzi del potere.
Certo, nella nostra città si vivono le elezioni in un clima notevolmente differente rispetto agli altri capoluoghi al voto. La capitale del dopo Marino è messa davvero male e le cronache quotidiane – come la morte della ragazzina di 16 anni nei sotterranei di quell’ex eccellenza che era l’ospedale Forlanini – avallano questo abisso in cui l’Urbe è precipitata.
Di conseguenza, buona parte del voto è decisamente “di pancia”, come si suole dire. E ciò spiega le tante apparenti – ma solo apparenti – contraddizioni di periferie che scelgono la destra più estrema e la borghesia del centro che premia il Pd. Ma anche il premio ad un movimento, i Cinque Stelle, di cui non è chiara non solo la collocazione politica nei vecchi ma in fondo sempre utili schemi di destra e sinistra, ma anche la posizione su certe tematiche centrali come quella dell’immigrazione. Eppure, con la forza alimentata solo dalla disperazione, la maggior parte dei romani si fida del “nuovo” per cancellare il “vecchio”, che indubbiamente ha offerto più cronache giudiziarie che non scelte esemplari per questa città.
I seminatori di vento raccoglieranno tempesta? Ed il “nuovo” sarà davvero in grado di affrontare gli enormi problemi di questa città?