Pizzuto, lo scrittore di via Fregene ingiustamente dimenticato

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PizzutoAntonio Pizzuto è stato uno dei massimi scrittori italiani del Novecento. Era nato a Palermo nel 1893, ma ha vissuto gran parte della sua vita a Roma, nel quartiere San Giovanni, esattamente in via Fregene, traversa di via Appia Nuova, dove la figlia Maria ha onorato la memoria paterna attraverso una fondazione a suo nome. Lo scrittore è morto a Roma nel novembre 1976. Riposa nel cimitero romano di Prima Porta.

Nato in una famiglia ricca e colta – il padre Giovanni era avvocato e proprietario terriero a Castronuovo di Sicilia mentre la madre Maria era poetessa – con tre fratelli (Ugo Antonio e Serafina), dopo il liceo al “Vittorio Emanuele II” di Palermo (nelle pagelle 10 in italiano e 9 in greco e latino) conseguì una doppia laurea, in giurisprudenza nel 1915 (ad appena 22 anni, con una tesi di economia e statistica sulla coltivazione del caffè in Brasile) e in filosofia nel 1922 (tesi sullo scetticismo di Hume), sempre a Palermo. Una passione per il sapere ereditata dal nonno materno, Ugo Antonio Amico, nume della sua infanzia, docente di letteratura italiana, traduttore di classici, poeta.

Poliglotta, oltre alla padronanza di greco e latino parlava benissimo inglese, francese e tedesco, Pizzuto si arruolò nella Polizia di Stato nel 1918 (allievo vicecommissario alla questura di Palermo), anche a causa delle ristrettezze economiche familiari dopo la guerra. Nel 1921 sposò, dopo dieci anni di fidanzamento, Carolina Biuso (ha avuto due figli: Maria e Giovanni).

Nel 1930 venne chiamato alla direzione generale di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno a Roma, città dove fisserà la propria residenza nella bella casa di via Fregene. Opererà soprattutto in Interpol, inviato in tutto il mondo. Negli Stati Uniti incontrerà Roosevelt nel 1933. Sarà a Roma, salvo parentesi a Trento, Bolzano ed Arezzo, fino alla nomina a questore, poi alla pensione, nel 1950, e infine alla morte, appunto nel 1976.

Traduttore dal greco e dal latino, ma anche da altre lingue (ad esempio ha tradotto l’opera “Fondamenti alla metafisica dei costumi” di Kant), si è dedicato alla stesura di molti romanzi, dalla prima novella, “Rosalia” nel 1912, pubblicato sull’”Illustrazione popolare”, fino al primo romanzo autobiografico, “Sul ponte di Avignone”, anno 1938.

Del 1959 è “Signorina Rosina”, uno dei suoi capolavori, inserito nella “Collana Narratori” di Lerici, diretta da Mario Luzi e Romano Bilenchi. A questo farà seguito “Si riparano bambole” dell’anno seguente. Quindi: Ravenna (1962), Il triciclo (1962), Paginette (1964), Sinfonia (1966), Natalizia (1966), La bicicletta (1966), Vezzolanica (1967), Nuove paginette (1967), Testamento (1969), Pagelle I (1973), Pagelle II (1975).

Come ricorda Antonio Pane, “nelle conversazioni con Ludovica Ripa di Meana (Diligenza e voluttà, Mondadori, 1989), Gianfranco Contini ricorda una lettera in cui Pasolini lo rimproverava di devolvere i suoi favori a un pensionato. Il ‘pensionato’ rispondeva al nome di Antonio Pizzuto, scrittore che in effetti, al momento dell’esordio conosciuto (ce n’erano stati di invisibili), faceva fruttare al meglio, da ormai un decennio (e avrebbe continuato a farlo fino, si può dire, all’ultimo respiro), la sua ‘posizione di quiescenza’. Il risentimento di Pasolini era forse mal posto. Il consenso di Contini, rivelato da un folgorante ‘esercizio’ svolto sul ‘Corriere della Sera’ del 6 settembre 1964, aveva in verità segnato il culmine di una fortuna critica destinata a declinare rapidamente, per eclissarsi dinanzi ai frangenti sempre più impervi delle ultime opere di Pizzuto”.

I libri di Pizzuto troveranno recensori di massimo spessore quali Baldacci, Bo, Caproni, Montale, Spagnoletti.

Un grande autore fortemente gaddiano, con la sua attenzione alla lingua e alla parola. Purtroppo un po’ dimenticato.

Nel luglio 1996, in una serata di letture pizzutiane per “Palermo di scena” a Villa Travia, Carmelo Bene rimproverò la città di avere dimenticato Antonio Pizzuto. Nel ricordo si accomunò alla scrittore siciliano per l’antistoricismo assoluto, cioè nella “sfiducia nel fatto”.

Nel 2007, a conclusione delle celebrazioni del trentesimo anniversario della scomparsa dello scrittore, venne proiettato presso il Sindacato nazionale degli scrittori, il docufilm “Antonio Pizzuto 1893-1976” di Nosrat Panahi Nejad.