OPINIONI / L’Italia e la grande sete

acquaLa Regione Lazio, come noto, ha deciso che l’Acea azzeri ogni prelievo idrico dal lago di Bracciano, a trenta chilometri da Roma, entro venerdì 28 luglio per consentire il ripristino del livello naturale delle acque del bacino e della loro qualità. In gioco c’è la somministrazione (benché parziale) del prezioso liquido nelle case di almeno un milione e mezzo di cittadini della Capitale, secondo i numeri forniti dall’azienda idrica.

E’ quindi una decisione estrema, carica di gravità, quella di cui s’è fatta carico l’istituzione laziale. Un provvedimento accompagnato dal grido d’allarme sulla crisi idrica a Roma lanciato dallo stesso Nicola Zingaretti, governatore del Lazio (“Sta accadendo l’inimmaginabile”), in genere parco di dichiarazioni eclatanti e forse per questo, a sinistra, uno dei pochi rimasti a galla per gradimento popolare. Se non parlo, non sbaglio.

L’uscita del politico, quindi, dovrebbe generare seri ragionamenti e urgenti decisioni sulla gestione del bene più prezioso in natura, anziché accendere inutili polemiche, tanto più di natura politica. O alimentare eserciti di allarmisti sul clima, opposti a schiere di eterni ottimisti.

Certo, per un problema del genere che rilancia un’attenzione prettamente “local” sull’amministrazione territoriale dei beni naturali (per quanto l’allarme idrico sia mondiale), il presidente del Lazio avrebbe fatto bene a risparmiare la battuta su Donald Trump a cui vorrebbe far capire “cosa significa non rispettare gli accordi sul clima”. Ma il decremento delle fonti idriche, problema che ormai investe vaste zone del nostro Paese e tocca l’esigenza primaria di ogni essere umano, dovrebbe essere posto in apertura di ogni agenda politica. Specie in questi giorni di alte temperature (e quindi di evaporazione delle acque), di incendi e di perdurante assenza di precipitazioni.

Al di là della questione universalista del surriscaldamento globale (reale, ma vallo comunque a raccontare agli abruzzesi rimasti per settimane sotto due metri di neve lo scorso inverno) o dell’analisi specifica del “caso romano” (il lago di Bracciano avrebbe perso circa 70 centimetri sotto lo zero idrometrico lo scorso anno e 80 quest’anno per cui la sfida è riuscire a tenere l’equilibrio tra gli apporti piovani, l’evaporazione e lo sfruttamento idrico), il problema centrale in Italia è nel pessimo rapporto tra una straordinaria quantità d’acqua disponibile (siamo sesti al mondo secondo il Food sustainability index) e la “solita” pessima gestione della rete idrica, primi in Europa per quantità di acqua sprecata.

Il nodo principale è che nel nostro Paese circa un terzo dell’acqua che viene immessa nella rete idrica non arriva all’utente finale. Specialmente nel Mezzogiorno, dove le perdite superano anche il 40 per cento (situazione analoga a quella della zona di Roma). Siamo, quindi, a più doppio della media dei Paesi europei, che si attesta intorno al 15 per cento.

Secondo Legambiente, in Italia andrebbero ristrutturati circa 50mila chilometri di rete idrica, un’enormità. Servirebbero circa 65 miliardi in trent’anni.

Insomma, le colpe della politica e delle amministrazioni locali non mancano di certo. Però – mai come in questo caso – a ciò si sommano le “cattive abitudini” di noi singoli cittadini. Che molto possiamo fare per evitare l’accentuarsi del problema.

Le cifre sono emblematiche in tal senso.

Noi italiani consumiamo circa 200 litri di acqua a testa al giorno per gli utilizzi domestici, cioè per lavare noi stessi e la casa, per usare lavatrici e lavapiatti, per il wc e per il verde privato. E’ un consumo più o meno nella media mondiale.

Ma la cosiddetta “impronta idrica”, che include anche la quantità di acqua per la produzione di un bene (l’89 per cento delle risorse idriche globali in Italia finisce in agricoltura), ci penalizza pesantemente: per consumi siamo, infatti, al primo posto nel vecchio continente, con un valore di 2.232 metri cubi d’acqua dolce pro capite l’anno, che diventano 6.115 litri globali, il 25 per cento in più rispetto alla media europea (quella mondiale è a 3.405 litri al giorno).

Insomma, se beviamo circa due litri d’acqua e ne consumiamo cento volte in più per gli usi domestici, in realtà ne utilizziamo oltre tremila volte in più per il resto, ad esempio per alimentarci.

“Con un’impronta idrica tra le più elevate in Europa e nel mondo – evidenzia Marta Antonelli della Fondazione Barilla, impegnata da anni su questo fronte – è fondamentale sensibilizzare sull’importanza delle nostre scelte individuali. Adottare la dieta mediterranea, privilegiare prodotti di stagione e seguire una dieta variegata e bilanciata, è il primo passo che ognuno di noi può compiere nella vita quotidiana per un più sostenibile consumo di risorse idriche”.

A ciò si dovrebbe aggiungere la riduzione delle acque minerali a causa del loro trasporto inquinante e dell’uso di plastica per le bottiglie. E altre scelte sostenibili – su internet se ne possono trovare tante – in termini di igiene personale (meglio la veloce doccia rispetto al bagno, con un risparmio di circa 100 litri d’acqua; lavarsi i denti o radersi con una bacinella d’acqua e non con il getto costante), di uso degli elettrodomestici (lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico), di riutilizzo (riciclare l’acqua di cottura per innaffiare le piante), ecc.

Se il “caso Roma” (città nota in tutto il mondo per gli straordinari acquedotti dell’età imperiale, ironia della sorte) terrà banco per tutta l’estate (le ferie d’agosto alleggeriranno sicuramente il problema in città, ma a settembre – se le piogge continueranno a scarseggiare – si ripresenterà la questione in tutta la sua drammaticità), occorrerebbe non trascurare questo campanello d’allarme proprio per invertire la tendenza. A cominciare dai comportamenti individuali, cioè di ognuno di noi. Anche noi imprenditori, nelle nostre aziende, siamo chiamati a fare la nostra parte. Sappiamo bene che le crisi, a tutti i livelli, offrono sempre l’occasione di ripensare ai comportamenti che hanno concorso a generarle.

(Domenico Mamone, presidente dell’Unsic)