OPINIONI / Giuseppe Conte, il nuovo che avanza

All’apparizione sulla scena, i più lo hanno descritto come uno sbiadito figurante. Una sorta di “comparsa” collocata tra i due carismatici protagonisti del nuovo corso della politica italiana, la “strana coppia” più gratificata dai connazionali nelle urne. Gli analisti più briosi lo hanno visto quale semplice “esecutore” – definizione quasi da film con Arnold Schwarzenegger – del famoso “contratto”, una sorta di Bibbia dell’attuale legislatura.

Giuseppe Conte è stato, all’inizio, soprattutto lo sconosciuto “convitato di pietra” inserito in quei novanta tribolati giorni per formare un inconsueto governo. A cui molti osservatori hanno dato vita cortissima, causa anche la difformità delle due componenti politiche nell’eterna competizione all’incremento della posta sul piatto.

Oggi, ad oltre quattrocento giorni dal varo dell’attuale esecutivo, dopo le forche caudine delle costanti diatribe con l’Europa e dello spreadschizzato ad oltre 300 punti, il governo è ancora lì, più concitato che mai. E Giuseppe Conte, da semplice comparsa, è diventato il nuovo Camillo Benso conte di Cavour del firmamento politico nostrano. Secondo i sondaggi il gradimento personale dell’avvocato pugliese, a lungo quasi invisibile, è ormai rilevante. E’ il nuovo che avanza.

Lontano dalle frivole baruffe dei due vicepremier, pur con uno stile classicissimo e d’altri tempi, è però un uomo, appunto, più proiettato al futuro che al passato. Perché quelle sue doti di abile mediatore, di paziente maestro capace di mettere in riga alunni non proprio disciplinati, di politico moderato, di avvocato delle istituzioni, di padrone dell’arte della retorica, di pacatezza provinciale e intelligenza meridionale che onora le sue origini, stanno risvegliando una voglia di democrazia cristiana degli anni d’oro, al limite di partito laico negli anni Ottanta, che in fondo è sopita ma non scomparsa nell’animo – o forse nel dna – di molti italiani.

Giuseppe Conte, in questi mesi burrascosi, ha avuto la capacità di accrescere il peso della sua presenza. Soprattutto qualitativo. E di dare un senso profondo al suo ruolo. Ha avuto, infatti, una funzione più affine – per spessore e per senso di responsabilità – a quella del presidente Sergio Mattarella o dei ministri filoeuropei Giovanni Tria ed Enzo Moavero Milanesi che non dei tanti deputati di primo piano del suo partito virtuale di riferimento, i Cinque Stelle. Ed è stato quanto mai distante dagli atteggiamenti muscolari della pattuglia leghista, così lontani dal suo stile. Perché l’avvocato civilista e professore universitario da Volturara Appula, provincia di Foggia, neo55enne (l’8 agosto), figlio di un segretario comunale e di una maestra elementare, devotissimo di Padre Pio da Pietrelcina, è tutt’altra cosa. E’, probabilmente, un inconsapevole antipopulista figlio di una scelta errata – tra le tante – dei populisti. Un politico inaspettatamente vero, pronto a riempire un importante segmento istituzionale dove torneranno di moda la prudenza, l’equilibrio, la moderazione, l’europeismo e il liberalismo (perché essere attenti alle ragioni del mercato, di questi tempi, è sicuramente una virtù politica).

Nonostante le incommensurabili fatiche, il professore è sempre in ordine, sa mantenere un’eleganza propria, una foggia molto personale, “lo stile, l’eleganza e l’eloquio del perfetto democristiano di un tempo”, come conferma Il Corriere della Sera, forse il quotidiano dal lettore più vicino antropologicamente all’attuale presidente del Consiglio. Passano i tempi, infatti, ma Il Corrierone resta una garanzia. Invecchia come il vino buono. E in fondo Giuseppe Conte sembra proprio questo: uno che sta maturando con il tempo, difficile da scalfire, tenace nel suo percorso, non incline a mollare. Il quotidiano La Stampa mette in evidenza un’altra sua dote ineccepibile, cioè la capacità di “evitare di personalizzare lo scontro”.

I segreti del suo aplomb? E’ lo stesso premier a rivelarli al Sole 24 Ore: “Il metodo Conte, che sono pronto a brevettare, è composto di tre elementi: lo studio attento dei dossier, il dialogo con gli attori di volta in volta coinvolti, il confronto con i ministri affinché venga garantita la massima soddisfazione degli interessi generali”.

Insomma, con queste premesse di lui sentiremo ancora parlare. A lungo.

(Domenico Mamone, presidente Unsic)