Omicidio Varani, riflettori sui locali trasgressivi di San Giovanni

DarkIl quartiere San Giovanni come punto di riferimento privilegiato per le dark room, cioè le stanze buie di locali trasgressivi tra sesso estremo, travestimenti, incontri casuali e droga. E’ quanto sta emergendo, dopo il delitto di Luca Varani a Roma, dalle inchieste proposte dai principali organi d’informazione in queste ore.

Riflettori, in particolare, su due locali molto citati dalla stampa romana, uno presso piazza dei Re di Roma e l’altro vicino alla stazione della metropolitana di San Giovanni. Qui si sarebbe affacciato anche Marco Prato, uno dei protagonisti del delitto che sta facendo parlare tutta Italia. La centralità del quartiere San Giovanni gioca un ruolo a favore dell’apertura di questo genere di attività: anche in passato sono stati più volte protagonisti appartamenti dell’Appio per vicende legate a sesso a pagamento.

“L’ingresso è un piccolo portoncino, defilato tra due palazzi color crema e caffè, a due passi da piazza Re di Roma – si legge in un pezzo di Marco Pasqua sul quotidiano “Il Messaggero” intitolato “Omicidio Roma, viaggio nelle dark room frequentate dai killer”. “Condominio signorile, dove chi condivide le mura con uno dei locali più trasgressivi della capitale sembra essersi abituato al via vai nelle ore notturne (fino all’alba) – continua l’articolista. “I clienti escono dalle loro auto già travestiti, tacchi a spillo, parrucche e audaci gonne aderenti. Tre settimane fa, si era affacciato anche Marco Prato. Anche lui è stato visto entrare en travesti. Perché in questo locale, se si vogliono rimorchiare gli eterosessuali – che erano il pallino del presunto killer di Luca Varani – bisogna necessariamente vestirsi da donna e fare concorrenza alle trans che arrivano da ogni parte di Roma. Ingresso a 35 euro, tessera obbligatoria (il club è privato), poco spazio per parlare, molto per concludere. Chi scende le scale di questo ritrovo, utilizzato anche dagli scambisti, sa di entrare in un fast food del sesso. Locale angusto, claustrofobico, un bar, un palo per la lap dance e poi il punto forte: i camerini. E’ qui che si consumano i rapporti, mordi e fuggi, zero convenevoli, perché anche chiedere un nome può essere maleducato”.

Del resto basta consultare i siti internet di questo genere di locali per rendersi conto che tutto è molto esplicito, sia nei testi sia nelle foto. Pur precisando che non c’è spazio per violenza o pedofilia, i locali sollecitano idee e proposte per affiancare gli appuntamenti abituali che in genere includono party bisex, con partecipazione di coppie o singoli gay o bisex, in cui è obbligatorio il nudismo integrale per i maschi, mentre per le femmine è consentita la lingerie, oppure masturbazione di gruppo (dalla denominazione più diretta), tutti insieme completamente nudi in apposita area del locale. In questo caso si può fare “bukkake”, cioè andare tutti addosso a un partecipante se qualcuno lo gradisce. Poi ancora orge e serate dedicate agli amanti dei giochi con il “dildo”, cioè il fallo di gomma, personale o in prestito tra quelli esposti al bancone del bar.

I “soci” in genere dispongono di un armadietto personale con chiave privata.

L’articolo sul “Messaggero” parla anche di droga. In alcuni di questo genere di club sarebbe all’ordine del giorno. La più diffusa si chiama Ghb, cosiddetta “droga dello stupro” perché aiuterebbe ad abbattere le inibizioni sessuali. Poi tanta cocaina ed Mdma definita “droga dell’amore”.

L’altro locale, quello a ridosso della fermata di San Giovanni della metro A, è al piano seminterrato: un piccolo bar e, nel retro, un grande labirinto, con camerini e dark room. Il giornale racconta che non ci sono luci, ci si accoppia senza vedere nulla. Contenti loro…