L’OMAGGIO / Andrea Camilleri, Maestro di umanità

Considero Andrea Camilleri un Maestro per almeno cinque motivi.

Innanzitutto per i suoi libri, così piacevoli da leggere per la semplicità di storie amalgamate con alti tassi di umanità, ma anche per uno stile originale e gradevole nel mescolare italiano e siciliano (il “vigatese”). Camilleri, moderno Omero o Salgari, ha conquistato alla lettura anche quei tanti italiani non abituati al classico libro sul comodino.

Un secondo motivo è certamente legato alla trasposizione televisiva del suo personaggio più celebre, l’ispettore Montalbano (omaggio allo scrittore catalano Manuel Vázquez Montalbán), che la bravura di Luca Zingaretti ha reso un vero e proprio cult campione di ascolti. Raramente uno sceneggiato ha raccolto tanti personaggi – da Catarella a Fazio, da Augello a Galluzzo, dal dottor Pasquano a Livia – divenuti così familiari per tanti telespettatori.

Un terzo motivo è riconducibile all’età. Camilleri, per decenni quasi anonimo sceneggiatore, regista e funzionario della Rai, ha conseguito la notorietà ad oltre settant’anni, accrescendola in piena “quarta età” fino ai quasi 94 anni della scomparsa. Ci siamo abituati, quindi, alla “ruvida tenerezza” di questo saggio nonno che ci ha raccontato, coerentemente al ruolo, affascinanti storie che ci hanno spesso incantato. E non dobbiamo trascurare anche le sue preziose ma amare e spesso profetiche sentenze sui tempi contemporanei.

Collegato all’età, il dramma della cecità ha reso ancora più blasonato questo uomo. Non a caso ha voluto portare in teatro Tiresia, l’indovino tebano cieco che compare nell’Odissea per indicare a Ulisse la via del ritorno. Una scelta in linea con il suo “sognare a colori” e con l’essere in grado di fare luce con le straordinarie parole che ha coniato con abilità unica.

Un quinto motivo – ma ce ne sono tanti altri – è la Sicilia, una terra meravigliosa a volte ingiustamente profanata, ma che lui ha saputo nobilitare come pochi.

Chiudo queste poche righe di omaggio, in occasione della sua scomparsa, con una sua frase che racchiude tutto il senso di un’esistenza unica: “Se potessi, vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio cunto passare tra il pubblico con la coppola in mano”.

Grazie, Maestro.

(Domenico Mamone, presidente Unsic)