Libri scolastici, lo “scandalo” delle nuove edizioni

LibriPer chi se ne fosse scordato, come premessa è bene ricordare che nel periodo in cui era ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini si pensò di bloccare per cinque o sei anni – a secondo del ciclo di studi – l’adozione di nuovi testi scolastici per far risparmiare le famiglie italiane. Stessi libri significa, infatti, non solo garantire un mercato dell’usato, con ribassi medi tra il 35 e il 50 per cento, e la possibilità di vendere i libri una volta utilizzati, ma soprattutto assicurare il passaggio di testi nella stessa famiglia, ad esempio tra un fratello e l’altro, o tra parenti più lontani oppure tra vicini di casa.

Non vogliamo certo tessere le lodi dell’ex ministro, che di errori (e di orrori) ne fece tanti. Vogliamo soltanto dimostrare che, con un po’ di buona volontà, dei provvedimenti sensati possono anche essere adottati.

Peccato che poi il neoliberista Monti, con il suo governo dalle indimenticabili tasse, pensò bene di fare dietrofront, liberalizzando l’adozione dei testi scolastici. Per la gioia degli editori, una potente lobby che dal mondo della scuola incassa oltre 600 milioni di euro ogni anno (praticamente il 20 per cento dell’intero fatturato dell’editoria).

Così, grazie a questo “ritorno all’antico”, sono riapparse quelle “assurdità” – usiamo un eufemismo – finalizzate solo a spillare soldi alle famiglie italiane, alle prese – in questi giorni – con il salasso della scuola (nei Paesi del nord Europa i libri sono un bene della scuola e i genitori sono esentati dal comprarli).

L’amarezza più diffusa, da parte delle famiglie, riguarda la vecchia prassi adottata da più di qualche editore di cambiare le edizioni praticamente sostituendo pochissimo di un libro. Agli studenti viene imposto di acquistare l’ultima edizione, bloccando così il mercato dell’usato. I libri vecchi, a questo punto, diventano carta straccia. E capita di vedere cassonetti riempiti proprio di libri scolastici non più in uso. Il sapere finito dentro una pattumiera. Lo scorso anno una libreria di largo dei Colli Albani accatastò centinaia di libri regalandoli all’utenza.

Questa prassi di sostituire le edizioni (spesso cambiando poco o nulla) ha di fatto svalutato il patrimonio librario in mano alle famiglie. Se fino a qualche anno fa l’acquisto annuale dei libri costituiva un “investimento” non a fondo perduto, cioè restava la possibilità di vendere il vecchio per comprare il nuovo, ormai molti testi scolastici “durano” una sola stagione. Lo scandalo delle “nuove edizioni” è di fatto un affare per le case editrici: si cambiano i testi scolastici per poche pagine in più o semplicemente variate o arricchite da un cd ed il gioco è fatto.

Sono molteplici gli stratagemmi adottati dagli editori per costringere le famiglie a spendere una valanga di soldi. Qualche anno fa si arrivò all’assurdo di prevedere persino una nuova edizione per il libro di Storia dell’arte di Giulio Carlo Argan, nonostante l’autore sia morto da anni. Tanti testi indicano la scritta “riveduto e ampliato” ma a ben vedere cambia davvero poco e non certo di sostanziale. Talvolta si cambia soltanto il carattere o il corpo. Nei libri di matematica non mancano rimescolamenti degli stessi esercizi.

Molti professori sono rigidissimi nell’imporre le nuove edizioni. Gli stessi, probabilmente, che alimentano un altro mercato davvero disgustoso: quello del “saggio” che le case editrici destinano ai docenti e che questi vendono come usato attraverso gli storici mercatini, ad esempio quello di lungotevere Oberdan e di largo dei Colli Albani. Qui è possibile acquistare testi usati con sconto massimo del 40 per cento; ma anche testi nuovi, cioè quelli forniti dai docenti attraverso le copie-saggio, in genere con lo sconto del 25 per cento.

Il paradosso maggiore è quello rappresentato dai vocabolari di latino o di greco, lingue considerate “morte”, cioè “pietrificate”. Eppure gli editori riescono persino a stampare nuove edizioni, di fatto cambiando solo la grafica. I docenti più magnamini s’accontentano anche di un vecchio Rocci o di un Castiglione-Mariotti. I più inflessibili pretendono anche qui l’ultima edizione. Un dizionario di questo genere costa non meno di 100-120 euro nuovo, dai 50 ai 60 euro per l’usato.

Le famiglie hanno ragione ad indignarsi perché ogni anno le cifre da spendere per i libri, già elevatissime, lievitano ulteriormente. Ma lo sdegno resta lettera morta. Altro che “buona scuola” sbandierata dal governo Renzi, dove di questo grave problema nessuno parla a sufficienza.