L’ANALISI / Virginia, ora con il peso delle aspettative

RaggiSovraesposizione. E’ il primo rischio per la neosindaca Raggi. I giornali ricostruiscono dettagliatamente la storia dei suoi 37 anni, dal quartiere San Giovanni al Campidoglio. Passando per il liceo scientifico Newton, la laurea in giurisprudenza a Roma Tre, la pratica di avvocato civilista presso lo studio Previti che tanta malizia ha accesso negli oppositori. Poi l’impegno in politica, i due anni di opposizione in Consiglio comunale, il sogno realizzato di diventare primo cittadino – anzi, prima cittadina – della sua città. Diciottesimo sindaco di Roma (il diciassette ha confermato di portare male). Su tutto la sua immagine, pulita, esile, quella semplicità che affascina i giornalisti stranieri prodighi nel dedicarle paginate. L’ultima intuizione di Casaleggio, basata probabilmente proprio su quel volto comune, su quella “normalità” che i romani cercano da un pezzo.

Ora la prima donna sindaco della Capitale – e anche la più giovane – incarna proprio le tante aspettative, anche disperate, della gente. C’è attesa e speranza nel ritrovare un po’ di orgoglio per una città davvero malridotta. L’augurio di un piccolo “rinascimento” che possa riassorbire gli ematomi dell’illegalità e del paradosso e restituirci – si chiede poco – esistenze perlomeno ordinarie.

Non è infatti un caso se i voti pentastellati siano arrivati soprattutto dalle periferie (dimenticate dalla sinistra). Mentre il centro storico, per un paradosso della storia, abbia premiato proprio gli eredi del Pci, sempre più autoreferenziali e dai modi molto democristiani. Emblematico il caso della Garbatella, il “feudo rosso” che ha brutalmente defenestrato l’ex presidente Catarci di Sel, ma anche la vicepresidente Marocchi che correva con la casacca del Pd, preferendo la novità dai contorni ancora opachi dei grillini. Ma anche nel VII Municipio, tradizionalmente di sinistra, dopo gli infiniti (ed estenuanti) anni ideologici di Susi Fantino, l’aspirante erede Vitrotti è rimasta al palo rispetto alla cinquestelle Lozzi.

Certo, il Movimento di Grillo ha avuto l’occasione di polarizzare i voti di destra nei ballottaggi (e di sinistra laddove s’è misurato con candidati di destra). Ma c’è dell’altro. Nelle urne è confluita tanta rabbia contro il Pd dei Luca Odevaine o del “giro di Buzzi” o dei consiglieri e degli assessori coinvolti in Mafia Capitale. Ma anche del Pd che ha gestito nel peggiore dei modi “l’affare” Ignazio Marino. O del Pd logorato dalle stesse facce che hanno gestito Roma per anni, spesso dietro le quinte.

I cinquestelle hanno saputo soprattutto intercettare quella Roma che non si arrende. I comitati di quartiere, i biciclettari, l’associazionismo che propone la mobilità alternativa, i retake, i comitati contro i cementificatori o gli installatori di antenne, i movimenti, l’economia circolare e partecipata. C’è tanta sinistra (anche vetero), ma anche la destra che chiede ordine e lotta al degrado. Due anime da saper coniugare e armonizzare nell’epoca delle ideologie sgretolate. Non sarà facile, perché basterà una questione come quella dei nomadi per riaccendere scintille. Insomma, chissà se il miracolo riesca. Su tutto, però, ci sono parole importanti, indubbiamente buone per tutte le stagioni ma, ahinoi, purtroppo da tempo dimenticate, come cambiamento, onestà, merito, trasparenza, lotta a sprechi e privilegi.

Qualcuno l’ha efficacemente definita “rivoluzione gentile”. Ma ad attuarla servirà soprattutto tanta buona volontà. E coRAGGIo.

(Giampiero Castellotti)