LA NOTA / E la “questione meridionale”?

Questione-Meridionale.-Bandiera

Il messaggio mediatico che è passato incessantemente in questi ultimi mesi è che la primaria richiesta – e quindi esigenza – del nostro Mezzogiorno sia il reddito di cittadinanza. Cioè il rituale e inesauribile assistenzialismo. Un bisogno che avrebbe avuto conferma nelle urne con la netta affermazione del Movimento Cinque Stelle: ma davvero tale successo dalle proporzioni inaspettate va unicamente ascritto alla proposta del reddito di cittadinanza, o piuttosto va condiviso con altre richieste come la discontinuità amministrativa, la lotta al malaffare, un’attenzione maggiore da riservare al Sud, la pretesa di coscienziosità?

Certo, un’istanza del genere – da sussistenza – sottintende una situazione economica e sociale drammatica. Ma il nostro Mezzogiorno non può essere relegato al ruolo di eterna zavorra: se il Nord è il motore del nostro Paese, ma con un alto prezzo pagato in particolare all’ambiente e alle relazioni umane, il Sud in tal senso può e deve rappresentare il nostro futuro. E non mancano casi che fanno ben sperare: emblematica, ad esempio, l’esperienza di Matera, che tra qualche settimana diventerà capitale europea della cultura grazie ad un impeccabile lavoro preparatorio che ha spinto la città della Basilicata a conquistare per anni il primato del maggiore incremento di presenze turistiche. Tra l’altro proprio la provincia lucana sta diventando uno dei più interessanti laboratori d’innovazione, non a caso scelta dalla Huawei per sperimentare la tecnologia 5G.

Insomma, le nostre regioni meridionali non possono essere ingessate da azioni compassionevoli e scriteriate di governo per fidelizzare il consenso. Il nostro Mezzogiorno non ha bisogno di pretestuosa assistenza che è l’antitesi della crescita e dell’evoluzione.

Il nostro Sud, viceversa, necessita di investimenti mirati sulle capacità delle persone; ha bisogno che venga esaltato un patrimonio di valori quali la resilienza, cioè la capacità di adattarsi al cambiamento, la creatività, la passione, l’estro, un capitale umano da spendere in una mondializzazione che sta trasformando rapidamente il pianeta; esige politiche svincolate dai chiusi apparati di conoscenze, che spesso sfociano nella burocrazia e nel malaffare, mentre, viceversa, andrebbero caratterizzate da competenza e meritocrazia, in grado quindi di fare rete, di promuovere la coesione, di saper intercettare e spendere i fondi pubblici, di assicurare sostegno alle vere eccellenze dei territori, da quelle del settore agroalimentare a quelle della ricettività turistica.

La “questione meridionale” non può, pertanto, essere emarginata al solo tema del reddito di cittadinanza. Occorrono ben altre risposte, più specifiche e articolate, ai tanti problemi vecchi e nuovi che affliggono il nostro Mezzogiorno. Bisogna rispondere, ad esempio, al nuovo dissanguamento migratorio, che insieme all’inverno demografico rischia di desertificare molti territori: le emergenze più gravi – confermate da un recente studio del Consiglio nazionale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori – in Basilicata (nel ventennio 2016-2036 potrebbe perdere il 13,1 per cento della popolazione), Puglia (10,8), Molise (10,4), Sardegna (10,2), Sicilia (10,1), Calabria (9,9), Campania (8,5), Abruzzo (8,2).

La recente indagine sulla qualità della vita nel Belpaese, firmata dal Sole 24 Ore, indica le altre emergenze delle regioni meridionali, agli ultimi posti per “ricchezza e consumi” (dove domina il Nordest), per “affari e lavoro” (Bolzano la prima classificata), “ambiente e servizi” (ancora Nordest con Trieste al top), “giustizia e sicurezza” (a Ferrara e Ravenna i tribunali più rapidi), “cultura e tempo libero” (primeggiano Rimini, Firenze e Roma).

Anche l’Istat, nel Rapporto Bes con gli indicatori di benessere equo e sostenibile, boccia le regioni meridionali, in particolare Calabria, Sicilia e Campania, con la più alta concentrazione di indicatori nell’area della difficoltà.

Tutto ciò conferma come la “questione meridionale” sia più viva che mai e proprio qui vanno concentrate le politiche più discontinue con il passato, quindi coraggiose e lungimiranti. Perché proprio nel Sud si giocherà la partita più importante per il futuro del nostro Paese.

(Domenico Mamone, presidente Unsic)