LA NOTA / Elezioni, il prevedibile travaso

Nonostante i sondaggi, i segnali inequivocabili provenienti da tutto il Paese e il “sentore” personale dopo aver ascoltato tanta gente comune, forse in pochi avrebbero scommesso su una vittoria della Lega così larga e ramificata sull’intero territorio nazionale, specie dopo le settimane decisamente turbolente della campagna elettorale. Oltre un terzo dell’elettorato italiano ha voluto premiare il Carroccio di Matteo Salvini, che addirittura è andato oltre – due punti in più – rispetto al clamoroso risultato ottenuto alle politiche dello scorso anno dal Movimento Cinque Stelle.

Da molto tempo siamo stati (facili) profeti nel riconoscere a Salvini indubbie capacità di saper leggere “la pancia” del Paese, individuando i temi più sentiti dalle persone comuni, dalla sicurezza al peso eccessivo di tasse e burocrazia fino al lavoro. Temi tradizionali dei partiti conservatori, ma oggi fatti proprio da una destra sempre più muscolosa e che sembra aver intercettato meglio di altri schieramenti le risposte alle paure crescenti di molti territori strangolati dalla crisi economica e sociale. Non a caso l’altro partito vincitore di questa tornata elettorale, seppur con le dovute proporzioni, è Fratelli d’Italia, che ha raggiunto il 6,5 per cento dei voti. Se aggiungiamo il non disprezzabile 8,8 per cento di Forza Italia, merito anche di un Berlusconi tornato a bioritmi invidiabili per un personaggio non certo di primo pelo, ci rendiamo conto che oltre la metà dell’elettorato ha votato a destra, una condizione senza precedenti nella storia repubblicana.

Il “miracolo” di Salvini è soprattutto personale e del suo ristretto staff. A tale dote di saper costruire una personale ed efficace agenda setting unisce straordinarie abilità comunicative, incentrate soprattutto sulla sintesi e sulla chiarezza, e carismatiche, che determinano capacità d’influenza. Al di là del condividere o meno le sue posizioni, comunque nette, il merito maggiore è proprio nell’aver focalizzato con linearità e comprensibilità un programma di governo.

I Cinque Stelle, al contrario, che rivendicano con orgoglio la “de-ideologizzazione” (“destra e sinistra superate”) e giustificano il tonfo con l’astensionismo al Sud, pagano in realtà in modo rilevante – quasi dimezzando i consensi – la mancanza di un retroterra concettuale e dottrinale capace di fare da collante ad un elettorale estremamente fugace e a volte evanescente perché poco fidelizzato. Come abbiamo già evidenziato più volte, non può essere il solo valore dell’Onestà – che dovrebbe costituire la regola e non un programma elettorale – a tenere insieme un substrato di destra e di sinistra presente nella base elettorale e negli stessi programmi, a volte labili e contraddittori (ad esempio sul fronte ambientalista). Le ambiguità su temi cruciali come l’immigrazione o l’economia finiscono per scontentare le diverse anime della base.

Il Pd di Nicola Zingaretti con il 22,7 per cento perlomeno interrompe una caduta continua che va avanti dalle scorse elezioni europee, quando raggiunse lo straordinario risultato del 40,8 e 31 seggi, cannibalizzando in particolare i colleghi di governo montiani di Scelta civica. Da allora il centrosinistra è rimasto ingessato, perdendo consecutivamente ben otto Regioni che governava. Pur non essendo un risultato eccezionale, perché di fatto è frutto dell’inglobamento di Leu, tuttavia premia il nuovo corso di Zingaretti, ridimensionando la corrente renziana. La sconfitta complessiva della sinistra è comunque evidente con la debacle di +Europa di Emma Bonino (che includeva anche i socialisti e la formazione di Pizzarotti), di Europa verde e de La Sinistra di Fratoianni.

Nonostante le immediate rassicurazioni sulla “lunga vita” al governo gialloverde, è chiaro che i rapporti di forza tra leghisti e grillini si siano invertiti e che l’agenda di Salvini acquisisca un peso diverso. E’ altrettanto vero, però, che per la corazzata leghista si preannunciano sfide difficili sia con l’Unione europea – dove di fatto cambia poco grazie all’aggiunta dei Liberali e/o dei Verdi al timone comunitario con gli “eterni” Popolari e Socialisti – sia con i mercati, visto il periodo economico davvero complicato, e con gli alleati di governo principalmente sul terreno delle grandi opere.

La ferma indicazione di voler abbassare le tasse per far ripartire l’economia italiana non può che costituire un auspicio pienamente condivisibile da parte di noi imprenditori, perché servirà anche a rilanciare l’occupazione e i consumi. Sperando, nel contempo, che l’Iva non aumenti. Come si riuscirà a farlo? A Salvini e alleati l’onore e l’onere.

(Domenico Mamone, presidente Unsic)