Tra gli indagati, Elisabetta Longo, direttrice della Centrale Acquisti della Regione Lazio, già finita nell’inchiesta su Mafia Capitale.
Questo ennesimo amaro caso di cronaca conferma come gli appalti nella Capitale molto spesso finiscono in mangiatoia. Una cultura dell’edilizia pubblica strettamente legata al business privato più che al servizio per un bene comune quale può essere un ospedale. Questo fiume di denaro pubblico – oltre 350 milioni di euro – per i maquillage legati al Giubileo della Misericordia non sempre ha lasciato segni visibili in grado di accendere entusiasmi. Basta vedere che fine ha fatto il verde “tappezzato” sui terreni davanti alla basilica di San Giovanni o a Santa Croce o i bagni pubblici dietro alla Scala Santa, praticamente ancora un cantiere come è stato rilevato da un servizio televisivo.
Per la cronaca, nella lista degli affidamenti esterni, oltre a quello dell’ospedale “San Camillo”, sono compresi altri undici “pronto soccorso” sottoposti a interventi di ristrutturazione. Tra questi, il San Giovanni, oltre all’Umberto I, al Pertini, al Sant’Andrea, al Santo Spirito, al Gemelli.
Altri fondi regionali sono andati al potenziamento del sistema dei trasporti: 11 milioni di euro per la Roma Tiburtina-Roma San Pietro e 51,7 milioni per l’acquisto di nuovi bus e per l’assunzione di 215 autisti al Cotral.
Il Comune di Roma, che ha istituito l’apposito Ufficio Speciale Giubileo, ha impegnato oltre dieci milioni per interventi di manutenzione sul Lungotevere, un milione e mezzo per la pavimentazione del marciapiede di viale America all’Eur, 800mila euro per piazzale Ostiense,
Ma, al di là delle spese efficaci o meno, non sono mancate operazioni con luci e ombre, “Repubblica” ricorda la “Carta del pellegrino”, tessera a pagamento che avrebbe dovuto essere il lasciapassare per i turisti nel sistema di trasporto pubblico romano. Idea di Trenitalia che la propone ad Atac nell’ottobre 2015, la quale però nicchia e il colosso nazionale dei trasporti compra da solo le tessere (circa 500mila per un costo superiore al milione) e convince Atac ad attivarle. L’operazione sembra vicina al successo, ma la società romana decide di bloccare tutto costringendo Trenitalia a lasciare le tessere del Papa chiuse in un magazzino.