Ex deposito di Piazza Ragusa, venderlo per farne cosa?

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Il gigantesco e suggestivo ex deposito dell’Atac di piazza Ragusa, oltre 40mila metri quadrati (20.300 mq coperti e 21.130 mq scoperti), dovrebbe – ma il condizionale è d’obbligo – rientrare tra i beni in vendita per fare cassa. E’ la notizia trapelata nei giorni scorsi.

Il commissario Paolo Tronca avrebbe deciso di avviare di nuovo la pratica di vendita per cercare di tamponare il noto buco di bilancio. Il tutto dovrebbe essere affidato al neo direttore generale Marco Rettighieri, che sarebbe ora impegnato ad aggiornare il valore degli immobili da dismettere.

L’ex rimessa dei bus è stata inclusa in un elenco che comprende beni simili di proprietà dell’Atac. E’ noto come il bilancio dell’azienda dei trasporti sia duramente provato da anni di malagestione e le vendite – o le svendite – assicurerebbero seppur flebili boccate d’ossigeno.

Negli anni scorsi, proprio per agevolare lo sfruttamento dell’enorme patrimonio dell’ex municipalizzata della mobilità pubblica capitolina, era stata costituita una controllata, la Atac Patrimonio, che però non è riuscita a portare a casa risultati concreti, se non ad elargire i noti “stipendi d’oro” ai propri manager.

Il quadro desolante, immobile da almeno un decennio, rischia di trasformare quest’area nell’ennesima occasione sprecata per la città.

La rimessa è vuota da oltre un decennio. E’ stata utilizzata, a maggio 2014, per presentare le nuove maglie della Nike della Roma calcio, scelta non banale in quanto inserita in un posto attraente per scenografia di archeologia novecentesca. Nell’occasione lo street artist Lucamaleonte, ha disegnato in facciata il ritratto del capitano romanista, Francesco Totti.

L’iniziativa ha perlomeno dimostrato che lì dentro ci si potrebbero fare tantissime cose utili per la città e per gli abitanti del quartiere. Invece i progetti emersi nelle ultime stagioni hanno delineato un quadro decisamente preoccupante: nuova edilizia abitativa in una zona già ad altissima densità immobiliare.

Il più noto progetto di riqualificazione, affidato ad un imprenditore privato, prevede che di quei 20mila metri quadrati un 33 per cento venga destinato ad utilizzo abitativo e il restante 67 per cento ad uso commerciale e servizi. Sarebbero salvaguardate le facciate dell’ex rimessa, ma il complesso sarebbe arricchito tra torri abitative. Un’analisi di questo “piano di valorizzazione”, condotta dall’Università Roma Tre, ha criticato il progetto per l’impatto. Vi si legge: “Le già carenti attrezzature pubbliche esistenti nell’ambito più prossimo sarebbero ulteriormente caricate dai nuovi 179 abitanti previsti che non andrebbero a beneficiare di nessuno dei servizio previsti…”.

Un altro progetto è firmato da “Cinecittà Bene Comune”: trasformare l’ex rimessa in un deposito di bus e auto elettriche tramite finanziamenti europei. Anche qui, nonostante le suggestioni di un’idea realmente sostenibile, tanti proclami politici (ad iniziare dalla solita presidente del VII Municipio), ma niente concretezza.

Dopo anni di vuoto fisico e progettuale, l’ex deposito è lì tra l’indifferenza della gente. In fondo qualsiasi soluzione sarà calata dall’alto. Chi parla di una grande autorimessa (improbabile), chi dell’ennesimo centro commerciale, chi di un mercato rionale (sappiamo, però, della crisi che sta falcidiando anche queste strutture, vedi via Magna Grecia), chi di centri polisportivi, indubbiamente lo spazio non mancherebbe per fare sport al coperto. Tra le idee anche un grande albergo limitrofo alla stazione Tuscolana.

Ci sono poi proposte più originali e suggestive. Ad esempio c’è chi suggerisce spazi di coworking, cioè di lavoro indipendente condiviso. Ma non è proprio una novità, anche questo mercato è ormai abbastanza saturo. Abbastanza scontato il consiglio di fare un centro polivalente, cioè casa per le associazioni, asilo nido, biblioteca, centro anziani, ecc. Ma, in una logica imperante di fare cassa, tutto questo sembra poco produttivo.

Però, a ben vedere, tutto ciò racchiude un grosso paradosso, forse il solito grande paradosso: il Comune senza soldi non è in grado di far fruttare i suoi valori. Probabilmente basterebbe riempire di statue quello spazio, lasciandolo strutturalmente così com’è – tipo l’ex Centrale Montemartini su via Ostiense – per fare qualcosa di buono. E se ci fosse vera capacità imprenditoriale (e non la solita logica degli organismi culturali legati alle cordate politiche), anche dalla cultura si riuscirebbe a ricavare denaro, smentendo Tremonti. L’esempio meritorio del teatro Golden nella limitrofa via Taranto è positivo in tal senso.

Comunque il paradosso resta: con un Comune in miseria, perché abbandonare uno spazio simile? La solita burocrazia mista ad incapacità cronica di amministrare? Opportunità, rilancio della bellezza, posti di lavoro, qualità urbana, decoro, tutto in fumo?

Una politica seria avrebbe già effettuato una consultazione (seria) con gli abitanti della zona. Estendendola, poi, ad associazioni ed organismi interessati ad ogni livello. Un bando pubblico potrebbe essere internazionale, dando spessore alla progettualità e lasciando fuori i soliti interessi cementizi. E’ solo un grande libro dei sogni?