Cosa ci dicono le antiche mappe del quartiere

Leggere antiche piantine di Roma è un esercizio davvero interessante per chi è appassionato di storia della nostra città e, in particolare, dei nostri quartieri.

Nel dettaglio, presso l’Università “La Sapienza” di Roma, facoltà di Lettere (Geografia), “AppiOH” ha modo di sfogliare e fotografare alcune mappe originali, tra cui quella Von Moltke del 1845, quella dell’Istituto topografico militare del 1872 e una del 1884.

Il primo aspetto che emerge nella nostra zona dell’Appio-San Giovanni è la massiccia presenza di vigne e la quasi totale assenza di abitazioni.

Partendo dall’attuale piazzale Appio, è possibile individuare le vigne Braschi e Corne lungo l’attuale via La Spezia, Castellano nell’area dell’attuale via Taranto, Baldinotti lungo via Appia Nuova, Santa Croce a ridosso della Tuscolana e vigna Polameroli al posto dell’attuale Villa Lais (in alternativa si chiama vigna Costantini).

Tra le strade indicate anche un vicolo dello Scorpione “fuori Porta San Giovanni”, corrispondente più o meno all’attuale via Mondovì.

Tra gli altri riferimenti di appezzamenti agricoli in questa zona compresa tra piazza Re di Roma e Ponte Lungo (già indicato), lungo l’asse di via Etruria, anche Aquasi, Colonna, Comelli, Fiumenti, Mazzantium e Manenti.

Discorso a parte merita la cosiddetta Aqua Crabra, cioè l’antico acquedotto già descritto da Cicerone nel suo trattato “De lege agraria” e tornato al centro dell’attenzione qualche anno fa durante gli scavi per la costruzione della linea C della metropolitana,. A dicembre 2014 fu infatti annunciato il ritrovamento di un serbatoio idraulico lungo 35 metri e largo settanta, forse il più grande conosciuto dalla città antica, insieme a una ruota idraulica e oggetti agricoli (tra cui un forcone a tre punte e i resti di ceste realizzate con rametti di salice intrecciati) nei pressi della stazione di San Giovanni. E’ stato collegato alla presenza di un’azienda agricola di I secolo, la più vicina al centro di Roma che sia mai stata trovata. La vasca era foderata di coccio pesto idraulico e poteva conservare oltre quattro milioni di litri d’acqua. Nel I secolo si aggiunse alle strutture di sollevamento e distribuzione idrica di un impianto agricolo attivo dal III secolo a.C. nell’area dell’attuale via La Spezia e di San Giovanni. Una curiosità: dai reperti lignei e dal materiale organico ritrovato si è scoperto che in quell’area era presente la prima coltivazione del pesco appena arrivato dal Medio Oriente.

Questa azienda dovrebbe aver smesso di funzionare completamente alla fine del I secolo, con murature e strutture idrauliche rasate e interrate. Fenomeno che potrebbe essere collegato a una decisione di Frontino, curator aquarum nel 97 d.C., il quale denunciò la “distribuzione a proprio tornaconto” dell’Aqua Crabra da parte dei fontanieri di Roma. “Io ho bloccato la Crabra – scrive Frontino – e per ordine dell’imperatore l’ho restituita tutta ai Tusculani”.

Pertanto tutte queste scoperte sono state messe in relazione proprio all’acquedotto dell’Aqua Crabra. Rivitalizzato nel medioevo, sarà ribattezzato anche come Aqua Mariana o Aqua Maranna del Maria. Nel XII secolo, probabilmente nel periodo 1119-1124, sotto il breve pontificato di Papa Callisto II, l’acquedotto venne ricostruito a cielo aperto e gli fu data la denominazione “Mariana”.

Il progetto della Marana fu incentrato proprio sul controllo del fosso dell’Aqua Crabra, originato dalle sorgenti sopra Squarciarelli (Grottaferrata) e approdante a San Giovanni con passaggi a Morena (dove fu ideato uno sbarramento in muratura per la deviazione di parte delle acque), un tratto di 940 metri in canale sotterraneo, una deviazione (la Maranella) diretta verso via Labicana (Casilina) per sfociare poi nell’Aniene a Ponte Nomentano, un lungo tratto lungo il Mandrione e via Tuscolana verso Porta Asinaria per azionare mulini.

La Marana proseguiva poi lungo le Mura Aureliane in direzione dell’attuale via Gallia, dove esisteva vicolo delle Mole (appunto dei mulini), noto anche come via delle Tre Madonne e via dell’Acqua Mariana, e transitava sotto Porta Metronia (Porta Metromii in Pantano), poi chiusa e trasformata in un varco fortificato per l’acqua con stagno che fu anche causa di un’epidemia al Celio.

All’interno delle Mura Aureliane è possibile individuare già la presenza via di Porta Maggiore, via di Santa Croce in Gerusalemme, di via Merulana, di Villa Altieri (oggi di proprietà della Città Metropolitana, ex Provincia di Roma, dove dovrebbe sorgere una biblioteca).

(G.C.)