Il business (molto discutibile) delle aziende di telecomunicazione

telecomunicazioni-620x434In un’epoca in cui il valore del tempo è sempre più deprezzato e atomizzato, con il diktat di dover accelerare ogni attività umana, i principali operatori della telefonia hanno pensato bene – già da qualche mese – di modificare la periodicità di calcolo delle bollette: la fatturazione non è più mensile, ma settimanale. In pratica hanno deciso di inviare una bolletta ogni 28 giorni. Facendo due rapidi calcoli, le mensilità da pagare non sono più dodici ma tredici. L’aggravio delle tariffe in media è ben dell’8,6 per cento.

Insomma, una furbata per incassare sempre più soldi.

Questi espedienti da marketing spinto giocano molto su un’amara realtà: il consumatore ha sempre meno tempo per affrontare problemi come questi. A cui, in fondo, sì dà poca importanza. Ci si rassegna e si procede oltre.

Eppure le problematiche connesse alla modifica unilaterale dei piani tariffari o delle condizioni contrattuali sottoscritte dai clienti sono tra le più diffuse: secondo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il 20 per cento delle segnalazioni ricevute nel 2016 da Agcom ha riguardato proprio questo settore. E i reclami – che rappresentano sempre una minima percentuale rispetto al tutto – sono aumentati di ben quasi dieci volte rispetto al 2015. Tra i motivi, come scrive la stessa Authority, “mercati concorrenziali altamente concentrati (i primi tre operatori gestiscono oltre l’80 per cento della domanda di servizi di telefonia fissa e mobile) a cui si somma “scorrettezza delle informazioni, mancanza di trasparenza e asimmetria tra contraenti”.

Ma il punto centrale di queste “furbate” è nei tempi – questa volta “tradizionali” – in cui si muove la giustizia. Solo il 24 marzo 2017, con una delibera, l’Agcom ha ‘ristabilito’ che il criterio della fatturazione per la telefonia fissa debba essere il mese, ma la potente associazione che rappresenta le compagnie telefoniche, l’Asstel, è subito intervenuta ritenendo la delibera priva di basi giuridiche di riferimento, non avendo Agcom, secondo l’associazione, il potere di disciplinare il contenuto dei rapporti contrattuali tra operatori e clienti.

Tesi stravagante, perché il più delle volte il problema è nei frequenti “cambi delle regole” in modo unidirezionale, certi dell’adesione della controparte non sempre ben informata. I contratti, in sostanza, hanno due contraenti di cui uno “per adesione”. Quanti, ad esempio, leggono la montagna di carte che le banche inviano ai propri clienti, al cui confronto le sure del Corano sono testi per la prima infanzia? Spesso, va aggiunto, il pagamento delle bollette avviene con addebito diretto su conto corrente bancario e ciò rende difficole per il consumatore individuare o comprendere eventuali aumenti.

A tutto ciò si aggiungono altre beffe.

Proprio mentre cresceva la polemica, sollevata principalmente dalle associazioni di consumatori, Sky ha pensato bene di fatturare, a partire dal 1° ottobre, ogni 28 giorni invece che una volta al mese.

La delibera dell’Autorità delle Comunicazioni del 24 marzo ha dato un termine di 90 giorni per adeguarsi alle nuove regole. E gli operatori telefonici l’hanno disattesa. L’Agcom il 14 settembre ha, quindi, comunicato di aver avviato “procedimenti sanzionatori nei confronti degli operatori telefonici Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb per il mancato rispetto delle disposizioni relative alla cadenza delle fatturazioni e dei rinnovi delle offerte di comunicazioni elettroniche“, “Al termine delle verifiche effettuate da Agcom – prosegue il comunicato – è risultato che gli operatori menzionati non hanno ottemperato alla delibera dell’Autorità. Agcom sta inoltre valutando l’adozione di ulteriori iniziative, anche per evitare che le condotte dei principali operatori di telecomunicazioni possano causare un effetto di ‘trascinamento’ verso altri settori, caratterizzati dalle stesse modalità di fruizione dei servizi“.

Come è andata a finire la faccenda? All’italiana, va purtroppo detto con molta amarezza. Cioè scatterà quasi certamente la multa da un milione e 160mila euro per gli operatori telefonici (Tim, Vodafone, WindTre e Fastweb). I quali, però, con questo scaltro “giochetto” di abbandonare la fatturazione mensile si sono divisi una torta – secondo uno studio in via di perfezionamento del Garante anticipato dal quotidiano La Repubblica – da almeno un miliardo e 190 milioni di euro come maggiore fatturato.

Intervistato dallo stesso quotidiano, l’economista Antonio Nicita, uno dei cinque componenti del Garante per le Comunicazioni, evidenzia come “la bolletta emessa su 28 giorni non ha comportato una fuga dei clienti dalle aziende”, commentando che questi “sono rimasti fermi, senza reagire in alcuna maniera”.

Il consumatore, come conferma lo stesso Nicita, soprattutto se ha firmato un contratto con rinnovo automatico, tende ad essere “distratto e pigro”. Ecco, questo è il punto: nell’epoca in cui tutto corre sempre più in fretta, forse bisognerebbe essere meno indulgenti verso questo compagnie di telecomunicazioni sulla cui etica ci sarebbe molto da discutere.

(Domenico Mamone, presidente Unsic)