ANALISI / I mali del trasporto pubblico

BusPartiamo da un interrogativo indispensabile per comprendere il resto del nostro ragionamento: avete mai utilizzato i trasporti pubblici di Londra, di Parigi, e di Madrid? Confrontateli con quelli di Roma, ci sono differenze? Certamente sì. I primi tre funzionano, l’ultimo, quantomeno non è al passo con le altre tre capitali europee. Il perché risiede in molteplici fattori. Servizi pessimi, assenteismo dilagante, miliardi di euro spariti nel nulla, corruzione, nepotismo. E’ tutta qui la risoluzione dell’enigma. Risanare la catastrofe che si è abbattuta sull’Atac è dunque una missione titanica ma non impossibile. Il trasporto pubblico capitolino è tra i peggiori d’Europa. Questo purtroppo è un dato di fatto. Ma come rimediare ad una simile situazione?
In primis, occorre provare a mettere ordine in una disorganizzazione quasi irreversibile. La maggior parte degli utenti viaggia senza biglietto. I ritardi sono da record, le vetture sporche, asfissianti d’estate e gelide d’inverno. La maggior parte degli autobus sono usurati e hanno guasti nel bel mezzo di una corsa lasciando i passeggeri a piedi. Quasi tutti i mezzi di trasporto romani sono stracolmi di persone e spessissimo costituiscono un vero paradiso per i borseggiatori. L’ultimo debito noto è di 1,5 miliardi di euro. Corruzione e nepotismo dilagano e cominciano ad essere attenzionati dalla magistratura ordinaria e contabile, autobus spariti nel nulla, conti spesso indecifrabili: siamo di fronte ad un’azienda logorata dal malcostume e dalla corruzione. Occorre un serio progetto di rinnovamento, in primis, morale e solo successivamente strutturale.
Dai dati resi pubblici sui quotidiani nazionali – ovviamente presi con beneficio di inventario – il parco macchine ammonterebbe ufficialmente a 1.982 vetture, almeno sulla carta, ma di fatto ne esisterebbero solo 1412. Già questo dato fa drizzare i capelli: dove sono finite tutte le rimanenti vetture? Due sono le cose: o sono errati i dati, oppure, siamo di fronte ad un mistero che a nessuno è dato conoscere ma che fa sottintendere un sistema di corruzione.
Gli autobus in servizio, in media, hanno dieci anni e milioni di chilometri percorsi ma negli ultimi cinque anni sono stati spesi quattro miliardi di euro – tra cui molti fondi europei – nell’azienda, a questo punto è lecito domandarsi: a cosa sono serviti? Se fossimo uno dei controllori dell’Atac il primo atto che porremmo in essere con la massima efficacia possibile sarebbe quello di scoperchiare il vaso del malaffare palesemente evidenziato da dati di natura oggettiva. L’azienda è stata negli anni la cassaforte della politica, in modo trasversale e senza eccezioni. Perché allora non andiamo ad accendere i fari negli intrecci tra la concessionaria dei trasporti pubblici romani e il mondo politico? Crediamo che ne verrebbe fuori uno scandalo simile se non superiore a quello di “Mafia Capitale”.
Per quanto ci riguarda sulla persistenza della corruzione non abbiamo dubbi: quando i soldi arrivano a fiumi dallo Stato e nessuno risponde dei debiti e dei risultati, qualcosa puzza. Se si vuole risanare veramente questa azienda occorre fare chiarezza su tutti questi aspetti ancora oscuri. In caso contrario restano solo chiacchiere al vento.

 

(Prof. Vincenzo Musacchio – Direttore della Scuola di legalità “don Peppe Diana” di Roma)