ANALISI / Il “gendarme” europeo

senatoIn questi giorni da saga di “C’è posta per te” tra l’Unione europea e l’Italia, colpisce sostanzialmente un aspetto: che per potere indebitarci di più, tra l’altro per alimentare il business dell’accoglienza ai migranti (che, non dimentichiamolo, sono le vere vittime del sistema) o per affrontare il dopo sisma dobbiamo farci fare le pulci da Bruxelles. D’accordo, la sovranità degli Stati è ormai solo un ricordo, i poteri “liquidi” – quindi flessibili e sfuggevoli – del credito e della finanza che animano questa Europa sono dappertutto e dettano le loro logiche basate sui propri interessi, ma le !”letterine” dei burocrati comunitari dovrebbero appartenere più alla fantascienza che alla realtà.

E invece per settimane tengono banco le possibile reazioni dei vertici di Bruxelles alle nostre decisioni tra l’altro opinabili per altri versi, cioè di risolvere i problemi non tagliando privilegi ma facendo ulteriore debito per alimentare, sostanzialmente, il vecchio business del cemento (riassetto di territori distrutti dalla stessa edilizia a cui si chiede aiuto) e al nuovo business dell’immigrazione, che sostiene un’industria infinita che va dall’accoglienza alla gestione (mentre sarebbe più logico e naturale creare le condizioni di sviluppo armonico e sostenibile nei Paesi di partenza, anzi, talvolta evitare di frenare quelle condizioni da parte delle multinazionali occidentali, nonché concorrere a risolvere seriamente i tanti conflitti in corso di cui tra l’altro si sa poco, vedi ad esempio la Somalia).

Chiuso, almeno legalmente, il capitolo di Mafia Capitale, incentrato sul core business dei rifugiati, siamo davvero certi che a gestire questo enorme movimento di uomini e di denaro sia l’ortodossia più intransigente?

 

(Pierino Vago)