ANALISI / L’assassinio di via Monselice

via monselice

C’è chi ricorda che c’era la campagna in via Monselice. In quella strada dal nome “difficile da ricordare”, in salita (e in discesa), che immette nello slargo della stazione Tuscolana. E lì, proprio lì, tra canneti e sterpaglie, qualche decennio fa c’era un vecchio locale dove s’esibivano orchestrine e cantanti. Qualcuno c’ha visto (e sentito) anche Claudio Villa. Poi, in tempi più recenti, quando c’era ancora una concessionaria d’auto che ha ceduto alle lusinghe economiche dei soliti cinesi, su quella strada s’affacciava il capolinea della linea 3, prima che il percorso venisse dimezzato all’inizio degli anni Novanta (dalla stazione Termini al Villaggio Olimpico), per poi cancellarla definitivamente e trasferire il numero alla vecchia “circolare” tranviaria, oggi divisa in 3A e 3B.

Altri tempi, si dirà. Ma tra le tante urgenze di cui ha bisogno questa città, non si capisce perché si debbano spendere soldi per cancellarne i segni del passato, le tracce della memoria. Facendo sparire uno dei pochi alberi dall’ubicazione davvero anomala, praticamente in mezzo ad una strada.

Quell’albero maestoso, che “resisteva” quasi in mezzo alla strada in via Monselice, angolo con via Tuscolana, costituiva l’ultimo baluardo di un mondo scomparso. L’ha visto tanta gente intenta a raggiungere la Stazione Tuscolana per prendere un treno. Ci si sono imbattuti i numerosi studenti delle scuole tra via Gela e via Adria. L’hanno apprezzato i tanti automobilisti intenti a raggiungere il centro dalla Tuscolana. Un albero enorme, con la sua base in mattoni, una sorta di “divisione naturale” tra le due corsie della strada. Certo, qualche autobus proveniente dalla Tuscolana, con un autista inesperto, faceva fatica ad imboccare quella curva con arbusto compreso al centro. Ma sono dettagli: un albero secolare, con la sua bellezza, è comunque utile alla città. E’ un punto di riferimento, è una sorta di ammonimento: alla natura apparteniamo, nonostante cerchiamo sempre più spesso di cancellarne le tracce. Eppure, oggi, poveri di manutenzioni e un po’ di tutto, compresa una reale sensibilità per la natura, un albero “cittadino” è un problema. Come se le città dovessero essere votate al solo cemento. Mentre all’estero la pensano in maniera esattamente opposta.

Chi ha tolto quell’albero, oltre ad effettuare uno scempio, ha compiuto un gesto in-utile. Favorirà qualche automobile, ma sfavorirà chi – senza memoria – vivrà svuotato dalle passioni. E, quindi, con un po’ di umanità (e di poesia) in meno, ci lamenteremo di una città sempre più invivibile. Ma le rivoluzioni (buone) si fanno dai piccoli gesti.