Roma, che tristezza San Giovanni senza la festa…

SanGiovanniSanGiovanni2Ormai è un ricordo soprattutto degli anziani. Nella notte di San Giovanni, vicino quindi al solstizio d’estate, l’omonimo quartiere diventava l’ombelico della città, tra carri, canzoni, streghe, lumache e vino. Ma era caratterizzato anche da rumori assordanti che si facevano con trombe, campanacci, tamburelli e petardi per impaurire le streghe, affinché non cogliessero le erbe utilizzate per i loro incantesimi. Non mancavano stornellatori e burloni alle prese con i più efferati scherzi. Grandi falò venivano accesi tra Santa Croce in Gerusalemme e la basilica di San Giovanni. A descrivere tutto ciò il  poeta  Giggi  Zanazzo  in  uno  dei  suoi lavori sulle tradizioni popolari.

Una festa religiosa, ma anche e soprattutto profana, che riuniva migliaia di romani doc. Si festeggiava spensierati tutta la notte, fino all’alba, quando il Papa, dopo lo sparo del cannone di Castello, si recava a San Giovanni per celebrare la messa, dopo la quale gettava dalla loggia della basilica monete a beneficio del popolo.

Prima della mitica “Notte delle streghe”, da tutta la città si muovevano cittadini con torce e lanterne per concentrarsi in piazza San Giovanni e nelle strade limitrofe in una sorta di autoctono ed immane Halloween. Soprattutto in via Tasso, via Boiardo e nelle vie adiacenti si accendevano lumini, mentre “fuori porta”, quindi da piazzale Appio lungo l’Appia Nuova fin dopo piazza dei Re di Roma l’appuntamento era nelle numerose osterie dove si mangiavano lumache (rito simbolico, mangiarne le corna significava annullare gli aspetti negativi della vita) e si beveva vino dei Castelli.

La credenza popolare, nello specifico, voleva che la notte di San Giovanni i fantasmi di Erodiade e di sua figlia Salomè, che avevano fatto decapitare il Battista e per questo condannati a vagare su una scopa per tutto il mondo, riunissero tutte le streghe sui prati del Laterano. Un’altra tradizione legata alle streghe era quella di inserire fuori dalle porte la scopa di saggina rovesciata per non far entrare le streghe, che si sarebbero fermate a contare i fili di saggina fino ai primi raggi del sole, che le avrebbero distolte.

Un’altra particolarità della festa era l’apertura al pubblico dei “bagni del Tevere”: la magia della festa, si credeva, poteva donare virtù magiche alle acque.

La festa di San Giovanni risaliva al Settecento e dal 1891 – in occasione del ventennale dell’Unità d’Italia – lanciò nell’osteria denominata “Facciafresca” il festival della canzone romana (denominato “Sagra della canzone romana”), che andò avanti per diversi decenni lanciando diversi brani divenuti immortali. Il concorso, nel corso della prima edizione rinviato di un giorno a causa dell’affollamento incredibile anche sul palco (la domenica seguente si svolse nel teatro di varietà “Grande Orfeo” situato nell’attuale via Depretis), premiò la canzone “Le streghe”, su testo di Nino Ilari e musicata da Calzelli, cantata dal celebre trasformista Leopoldo Fregoli. Tra le altre canzoni di successo: “La serenata” musicata da Parisotti su testi di Gioacchino Belli; “Affaccete ciumaca” di Ilari-Feroci; “La lumacara”, “Quanto sei scema” di Cotogni e Umberto Persichetti e la celeberrima “Affaccete Nunziata” di Nino Ilari e Antonio Guida (1893), ancora oggi reputata una della più belle canzoni della fine del secolo, lanciata anche dal tenore Tommaso Fiorentini ed entrata nel repertorio di Ettore Petrolini. Non da meno “Nina si voi dormite” (vincitrice nel 1901) e “Barcarolo romano” (vincitrice nel 1926). Tra gli autori, anche Romolo Balzani.

Il festival andò avanti fino al primo dopoguerra.

Oggi la festa di San Giovanni è praticamente scomparsa, salvo piccoli tentativi promossi sia dall’allora IX Municipio (che per qualche anno, fino al 2004, ha dato vita ad una “Notte delle streghe” nei giardini di via Sannio, soprattutto con mostre e teatro contemporaneo), sia dalla Curia, che un anno ha fatto esibire davanti al sagrato anche Angelo Branduardi. In anni più recenti quello spazio è stato utilizzato prima dal consigliere Giordano Tredicine con un lungo festival estivo a vantaggio soprattutto dei centri anziani di Roma, con ospiti quali Jimmy Fontana, Spagna, Franco Califano e Lando Fiorini. Nel 2014 è stato utilizzato da Sel, Sinistra e libertà, che ha lanciato la festa “Sel-fie”, soprattutto politica. Ora la festa viene riesumata soprattutto da realtà della zona: qualche ristorante si ostina ad inserire le lumache tra i piatti del giorno (e della notte); nel comprensorio dei cosiddetti “tranvieri”, tra via Monza e via Orvieto, si festeggia San Giovanni con un lungo banchetto tra condomini; quest’anno persino “Scup!” in via della Stazione Tuscolana 84 ha ammirevolmente riproposto la festa secondo la tradizione, tra poesia in ottava rima (come Donato de Acutis e Giampiero Giamogante), musica (Adriano Bono, Roberto Mazzoli e Stefania Placidi), canzoni, letture e stornelli. Un modo realmente coerenti di essere “no global”…

(GC)