Retake, quando l’esempio viene dal basso

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immagineIl “Retake” è un crescente movimento che mira materialmente – attraverso eventi di “clean up”, cioè brutalmente di “ramazza” – a ripulire, in modo del tutto volontario e no profit, i muri e gli arredi urbani delle nostre città dal diffuso vandalismo di scritte, adesivi e sporcizia varia.

Le cronache fissano anche una data d’inizio di questo fenomeno: era il 2009, a Roma, quando Rebecca Spitzmiller, un’americana abitante nel quartiere Africano, insieme ad alcune amiche lanciò l’iniziativa di ripulire la sua strada. Il successo della “prima volta” spinse a repliche che, con il tam tam sui social, sono diventate veri e propri “benefici” tormentoni. Oggi la rete romana del “Retake” è sempre più vasta ed il fenomeno costituisce un vero e proprio movimento di cittadini “armati” di raschietti, secchi, stracci e vernice contro il degrado e la sporcizia della Capitale.

A Roma, forse non proprio per paradosso, le iniziative hanno successo soprattutto tra studenti stranieri e visitatori internazionali, che hanno a cuore – spesso più di noi italiani – il patrimonio di storia e bellezza della città eterna.

“Il vero boom c’è stato nel 2014 – specifica Virginia Vitalone, responsabile della comunicazione di “Retake”. E spiega: “Fino ad allora l’attività era sporadica, poi da quell’anno ogni quartiere ha deciso di avere un gruppo”. Ed oggi “Retake” conta un’ottantina di gruppi di zona che chiamano a raccolta i cittadini per gli interventi di pulizia di muri, strade, ma anche giardini. Gruppi sono attivi anche a San Giovanni, collegati all’Esquilino in quanto centro storico, nonché all’Appio. Più volte hanno ripulito via Appia Nuova, ma anche – ad esempio – lo storico edificio delle poste di via Taranto, più volte vandalizzato dai cosiddetti “writers”, i graffitari.

Ed in effetti il tema della contrapposizione tra “imbrattatori” (spesso con la giustificazione di essere “artisti”) e “pulitori” (con il pallino dell’arredo urbano), pur non essendo dei più basilari per la vita della città, soprattutto se confrontato con ben altre emergenze contemporanee, però appassiona da tempo dibattiti ad ogni livello. Anche se vedere la facciata quattrocentesca di una chiesa imbrattata, è il caso romano di Santa Maria de Spazzolari (quella piccolina, attigua a Santa Croce in Gerusalemme), non fa certo piacere.

Emblematico di questo dualismo, tutto “intellettuale”, è emerso qualche tempo fa nell’atteggiamento dell’editorialista-blogger di un quotidiano di sinistra, la firma è “Zeropregi”. Cosa ha scritto di così “eclatante” il blogger “senza pregi”, allergico alle pulizie collettive?

Racconta di aver assistito, nel quartiere romano del Pigneto, ad una discussione tra giovani “elettori di centrosinistra” conseguente ad un “Retake”, cioè alla ripulitura di un ponticello da manifesti e “arredi” vari. Confronto, si spera civile, tra favorevoli e contrari. Tra guelfi e ghibellini.

“Zeropregi” trova “singolare ma figlio del tempo in cui viviamo, quello in cui le parole degrado, sicurezza, legalità abbiano sostituito solidarietà e socialità”. E già qui non è chiaro perché “abbiano sostituito” e non “affiancato”. E siccome le parole hanno un peso, anche le prime tre, di per sé, non dovrebbero avere accezioni negative, se non nelle loro degenerazioni, cioè quando nel loro nome si fa tutt’altro. Di più: a pagare maggiormente il degrado, l’insicurezza e l’illegalità sono proprio i soggetti più deboli: per rimanere nel tema, una palina dell’autobus divelta o imbrattata – situazione non rara a Roma – danneggia chi prende i mezzi pubblici e non il taxi.

“Zeropregi” continua con un giudizio da esteta: “Onestamente trovo meno degradante (il ponticello del Pigneto) da ‘attacchinato’ che non da pulito”.

Quindi la solita tiritera se siano più degradanti le scritte su un muro o le barriere architettoniche, a cui basterebbe rispondere “entrambe”.

Ma va oltre: trova “bizzarro” che le persone si mobilitino per questo e non per “riconquistare spazi” citando il caso del “Laghetto della Snia”, uno spazio giustamente sottratto alla speculazione e quindi, caro “Zeropregi”, restituito proprio alla legalità. Ma non è chiaro perché le stesse persone non possano ripulire muri di scuole, pali della luce, paline dell’autobus e parallelamente preservare spazi sulla Prenestina, in una difesa a 360 gradi dei beni pubblici.

Forse “Zeropregi” farebbe bene a chiedersi perché, con questo sua scontato e impolverato modo di ragionare, con quell’interrogarsi sul significato di degrado per poi rimanere con le mani in mano (come osserva qualche suo lettore), oltre ad attirarsi strali – anche eccessivi – nei commenti, perpetui la realtà di un’area molto ideologizzata che, nonostante la crisi, l’astensione alle urne al 50 per cento e il grillismo al 25 per cento, rimane esigua minoranza nel Paese.

La questione di fondo, al di là degli ideologismi, è una sola: il senso civico. E dare il buon esempio attraverso azioni concrete e collettive, che evidenziano lo spirito di comunità di gruppi di residenti, può solo fare che bene. Oltre a rendere più pulita la città, ad offrire un valido esempio alle generazioni più giovani, a dimostrare che è più utile sicuramente agire che non parlare, parlare, parlare.

Tanti gli eventi, gli appuntamenti lanciati tramite il web, le segnalazioni raccolte e affrontate “sul campo”. A piazza Vittorio, per fare un esempio, i volontari hanno coinvolto anche le popolazioni di origine straniera che vivono in zona. Iniziative che servono anche a far riscoprire il senso di appartenenza al luogo, legame che in una città come Roma spesso è andato smarrito.

Un intervento che ha avuto grande risalto mediatico è stato quello su via Merulana, grazie alla presenza di una residente vip come l’attrice Nancy Brilli. Talvolta anche le associazioni dei commercianti supportano queste meritorie iniziative, insieme ad associazioni di quartiere. Anche l’Ama ha cominciato ad affiancare i volontari nei “Retake” offrendo le idropulitrici e altro materiale tecnico.