L’ANALISI / Eurostat e Fmi: ancora bocciature per l’Italia

EurostatCi sono due “docce fredde”, anzi gelate, regalateci rispettivamente da Eurostat e da Fondo monetario internazionale, che la dicono lunga sulla situazione economica e occupazionale del nostro Paese nonostante certi toni trionfalistici espressi dalla politica post-riforme.

Il primo dato, certificato appunto da Eurostat, attesta che l’Italia è collocata al penultimo posto tra i Paesi dell’Unione europea per tasso di occupazione. Peggio di noi solo la Grecia (57,2%). Il nostro Paese è bloccato al 62,3% (l’obiettivo Ue 2020 per l’Italia è al 67%, quindi ben lontano), contro una media europea del 72,2% (obiettivo al 75%). E siamo penultimi anche per il tasso di occupazione femminile (52,5%) e per il differenziale di circa 20 punti con quello maschile (in questo caso è Malta all’ultimo posto con il 26,1%).

Insomma, la situazione è drammatica su più fronti.

Dovremmo forse prendere esempio soprattutto dai Paesi dell’est, abili nell’intercettare fondi europei e nel gestirli al meglio: la Repubblica Ceca, ad esempio, è passata dal 76,7% del 2016 al 78,5% del 2017. L’Ungheria di Orbàn ha raggiunto il 73,3% dal 71,5% dell’anno precedente. Rilevante balzo in avanti della Bulgaria che conquista il 71,3% partendo dal 67,7% del 2016. La Slovacchia il 71,1% dal 69,8%. La Polonia il 70,9% dal 69,3%.

Il declino dell’Italia è attestato anche da un altro dato, certificato dal Fondo monetario internazionale: la Spagna ci ha ufficialmente sorpassati nel 2017 per Pil pro capite, mentre la Germania ci ha letteralmente seminati. E sono pronte a sovrastarci anche Repubblica Ceca e Slovacchia.

In realtà il sorpasso della Spagna (38.286 contro 38.140 dollari pro capite nel 2017) parte da lontano e s’accentuerà di molto nei prossimi anni, secondo quanto pubblica il Financial Times. Ma è ugualmente clamoroso se si considera che dieci anni fa l’Italia era il 10% più ricca e che la Spagna è stata sull’orlo del collasso negli anni della recessione.

Ricostruendo questo originale confronto nel dettaglio, nel 2000 il Pil di un italiano valeva 1,37 volte quello iberico: in sostanza un italiano era ricco mediamente quasi il 40% in più di uno spagnolo. E già nel 2007 il rapporto era sceso a 1,15 volte, con la nostra maggiore ricchezza media ridottasi di quasi due terzi. Da lì, la crisi ha fagocitato soprattutto il nostro Paese, la cui economia è tuttora più piccola del 5,7% rispetto a quella del 2007, periodo in cui il Pil medio italiano ha perso l’8,7% rispetto al 3,8% lasciato dagli spagnoli. Il Pil pro capite tedesco è cresciuto dal 2000 ad oggi addirittura del 24,4% (mentre il nostro nello stesso periodo è arretrato dell’1,7%).

Certo, su questa partita, a sfavore dell’Italia giocano fattori demografici (la popolazione in forte calo in Spagna – circa 45 milioni di residenti – favorisce la distribuzione della ricchezza, da noi i sei milioni di immigrati hanno mantenuto più o meno invariato il dato demografico oltre i 60 milioni). Inoltre la Spagna ha una disoccupazione più alta della nostra di circa sei punti. Ma ci sono indicatori tangibili che vanno al di là dei numeri.

Uno di questi è il turismo, che vede la Spagna avere ormai un numero di visitatori addirittura superiore – e di molto – rispetto a quello dei residenti, mentre da noi – pur con un turismo in leggera crescita – lo sfruttamento di questa risorsa è parziale. C’è poi il settore agroalimentare con la Spagna che sta facendo passi da gigante. I cugini iberici stanno ben investendo anche in infrastrutture, certamente meglio del nostro Paese.

Chi volesse individuare anche ragioni sociali, c’è un dato interessante: mentre in Italia i matrimoni religiosi sono ancora il 57% del totale, in Spagna sono crollati al 22.6%. Segno di una società sempre più secolarizzata.

Altro dato significativo riguarda la cultura: da noi tre persone su cinque non leggono libri, in Spagna sono solo due su cinque. Pure il quadro della giustizia privilegia i cugini iberici: ad esempio i tempi per una sentenza sono quasi doppi da noi rispetto alla Spagna.

E buon ultimi i paragoni calcistici, con la nostra estromissione dai mondiali di calcio proprio ad opera della Spagna (benché la Roma sia riuscita nell’epica impresa di estromettere il Barcellona dalla Champions League e la Juventus di non esserci riuscita per un soffio con il Real Madrid). Ma la parola «Sorpasso!», ahinoi, scritta proprio in Italia, campeggia ormai con orgoglio in tutti i giornali iberici.

(Domenico Mamone)