ANALISI / Virginia Raggi, una débâcle annunciata

RaggiSe non ci fosse il sindaco di Alessandria, Rita Rossa, il primo cittadino di Roma, Virginia Raggi avrebbe l’etichetta di sindaco peggiore d’Italia. Almeno secondo il sondaggio Ipr Marketing-Il Sole 24 Ore. La sindaca pentastellata è stata infatti collocata al 103° posto sui 104 disponibili dalla classifica sul gradimento dei primi cittadini stilata dal quotidiano confindustriale.

Il gradimento dela Raggi, secondo il sondaggio, scenderebbe di ben 23,2 punti, crollando al 44 per cento. Una sconfitta ancora più scottante se si pensa che la collega di partito, Chiara Appendino, sindaca di Torino, risulta prima, con un bel più 7,4 per cento di differenza rispetto al giorno della sua elezione. Anche Pizzarotti, sindaco di Parma, benché allontanatosi dai Cinquestelle, è terzo.

Il sondaggio – per quanto limitato agli appena 600 romani del campione – è stato effettuato tra il 10 novembre e il 22 dicembre 2016 e conferma i giudizi negativi sulla qualità della vita a Roma e sulla sindaca succeduta al commissario Francesco Paolo Tronca, la quale  – secondo la ricerca – avrebbe bruciato i tanti consensi ottenuti anche al ballottaggio, quando raccolse il 67,2 per cento dei voti.

S’è detto tante volte, a sua discolpa, che la Raggi ha ereditato una città davvero in ginocchio. Tutto vero. Però è mancata soprattutto la capacità d’intercettare la città nel profondo, di animare le energie soffocate, di rilanciare quella parte migliore di Roma che comunque esiste benché sepolta dal malaffare, dal disfacimento e soprattutto dall’assuefazione. Eppure l’attesa c’è stata, enorme, forse c’è ancora, accompagnata dal desiderio di discontinuità, principalmente nella speranza di assistere a qualcosa di nuovo e di bello. Invece in Campidoglio abbiamo visto solo polemiche, rinunce, scandali, personaggi poco edificanti di cui né s’avvertiva la necessità, ne tanto meno i più erano a conoscenza.

Che la Raggi paghi per l’ordinario ci può anche stare: trasporto pubblico, pulizia, manutenzione delle strade sono materie che non possono certo vedere una forte inversione di tendenza nel giro di sette mesi. Tanto più in una situazione di dissesto finanziario e di illegalità diffusa. Ma, quello che appare in questi primi mesi di gestione e di inseguimento delle emergenze, è una totale mancanza di un’idea di città, di una qualsiasi idea di città futura, condivisibile o meno. Nessun progetto intrigante, nessuna propensione al recupero della memoria o slancio al futuro, totale assenza anche di un timido segnale, di un semplice atto di amore verso Roma come un significativo “pellegrinaggio” in una periferia o qualche fioriera in più al centro. Fa male, poi, la mancanza di trasparenza – da chi professava lo streaming come un mantra – e di ascolto, in particolare di quei numerosi comitati di quartiere, movimenti, associazioni che spesso rappresentano la parte migliore della città, la più viva, quella che vanta anni di battaglie “dal basso” su temi specifici (mobilità sostenibile in primis, decoro, produzione culturale, ecc.). E’ proprio questo “tessuto connettivo” della città migliore, non doma, che ha concorso al successo della sindaca soprattutto per penalizzare sia il centrosinistra (principalmente) sia il centrodestra marchiati con Mafia Capitale.. Dov’è, in sostanza, anche un primo mattone di quella svolta ecologista, sostenibile, partecipata della Roma del nuovo millennio?

La sindaca tace, i presidenti dei Municipi – quasi tutti pentastellati – masticano amaro. E la città continua a vivacchiare nel degrado.

 

(G.C.)